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giovedì 9 marzo 2006

Archivio di Dati e Fatti - 1

  • Cosa sostiene Berlusconi:
    “L’imprenditoria (…) chiede di essere aiutata a ricollocarsi sui mercati, a competere, a elevare il tasso di produttività” (16 maggio 1994, discorso al Senato)

    “Il nostro è uno dei Paesi dove il settore pubblico contribuisce meno alla competitività dell’economia e, quindi, allo sviluppo. L’obiettivo che il Governo si pone è trasformare la pubblica amministrazione da handicap a punto di forza per la nostra competitività” (18 giugno 2001, comunicazioni del nuovo governo al Senato)

    “Purtroppo c’è un’opinione pubblica negativa alimentata dall’opposizione, che ha voglia di far andare tutto male” (17 agosto 2005, intervista su La Stampa)
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    Fatti e dati ( Fonti: WEF, Imd, ISTAT, Eurostat, bilancio dello Stato):

    CON I GOVERNI DELL’ULIVO (1996-2001):
    Costo del debito statale: era calato da 70 a 15 miliardi di Euro l’Competitività: nella classifica del World Economic Forum l’Italia era risalita dal 41° al 26° posto( 35a nel ’99; 29a nel 2000; 26a nel 2001).
    Consumi e investimenti erano cresciuti, in Italia, del 13,5% (in Germania, del 6,9%; in Francia, del 12,0%).
    Investimenti in macchinari e impianti: erano cresciuti in termini reali del 34,8%, in linea con la Francia (+36,8%) e la Germania (+33,9%).
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    CON I GOVERNI DI BERLUSCONI (2001-2005):
    Competitività: L’Italia ha perso 21 posizioni (nel 2002 era 39a; nel 2003, 41a; nel 2004, 47°; nel 2005, ancora 47a).
    Disoccupazione dei giovani: l’Italia è purtroppo seconda nell’Europa dei 15, con il 24% (la Danimarca, paradiso del lavoro per i giovani, è ultima, beata lei, con il 7,1%).
    Rischio di povertà (percentuale di popolazione che ha un reddito inferiore al 60% di quello medio nazionale): l’Italia è purtroppo prima (45%).
    Bilancia commerciale (i “conti con l’estero”): nel 2004, si è chiusa in passivo: non accadeva da dodici anni.

    - Non è colpa dell’Euro: nei confronti dei Paesi che hanno altre monete, l’Italia è ancora in attivo. “C’è stata invece un’autentica voragine nell’interscambio con i Paesi dell’area Euro… Allora il cambio non c’entra. (…) abbiamo sempre meno cose da vendere, (…) Stiamo cioè diventando un’area marginale dentro la stessa Europa.” (Felice Froio, ex giornalista de La Stampa).
    - Non è colpa delle crisi internazionali: “Gli attentati dell’11 settembre non hanno sconvolto il quadro dell’economia internazionale (…)Il quadro sarà (…) convincente solo quando Tremonti avrà detto perché gli altri Paesi, costretti ad affrontare le stesse sfide, abbiano registrato risultati positivi. Non penso soltanto ai casi migliori (USA, GB, Spagna) (…). La Germania non è ancora uscita dalla sua stagnazione, ma ha enormemente aumentato negli anni scorsi le sue esportazioni, anche verso la Cina.” (Sergio Romano, ex ambasciatore, sul Corriere della Sera del 3 Ottobre 2005).