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domenica 31 dicembre 2006

Civiltà superiore


dal Blog di Beppe Grillo

"Saddam

cappio.jpg

Uccidere un assassino è un assassinio? La punizione per un delitto può essere applicata con lo stesso delitto? Lo stupro con lo stupro, il furto con il furto, la morte con la morte? Condannare l’omicidio e poi applicarlo per legge è un incantesimo. Una contraddizione della mente umana. E’ vendetta, non legge. Saddam è stato impiccato. Condannato dagli iracheni. Ma non ci crede nessuno. Le mani del boia erano irachene, ma il cappio era di Bush.

Saddam andava condannato all’ergastolo. Doveva invecchiare in carcere. Perdere la sua spocchia. Con l’esecuzione gli è stata regalata una dignità che non aveva. Una grandezza made in Texas.
In morte di Saddam, ora martire, bisognerebbe ricordarsi della guerra con l’Iran finanziata dagli Usa. Del buon Saddam alleato dell’Occidente contro Khomeini. Del Saddam laico e filo occidentale. Poi si è messo in proprio e questo è stato un affronto intollerabile per la democrazia americana. Quella dei due milioni di carcerati e dei bracci della morte. E del controllo del Golfo Persico.

Se Saddam era un criminale, allora lo sono alcuni capi di Stato che siedono all’Onu. Perchè Saddam sì e loro no? Il petrolio. Il mondo intero ha dichiarato la prima guerra all’Iraq a causa dell’invasione del Kuwait e dei suoi pozzi di petrolio. Nel Darfur sono morte centinaia di migliaia di persone. Nessuno ha mosso un dito. In Cecenia non sono rimasti in piedi neppure i palazzi. Nessuno ha mosso un dito. L’ipocrisia della condanna a morte giusta, occidentale e petrolifera.

Saddam è stato un criminale? Ha sterminato i curdi con il gas? Ucciso i suoi oppositori? Sì, certo. Ma quando sarà finita la guerra in Iraq si potrà fare una contabilità dei morti. E saranno molti, molti di più di quelli attribuiti al regime di Saddam. Qualcuno sarà appeso a una corda per i quarantamortialgiornochenonfannopiùnotizia? Sarà condannato a pagare una multa, un’ammenda, dovrà chiedere scusa? Saddam ha pagato, con dignità, il suo conto. Hiroshima, i Gulag e il Tibet non li pagherà mai nessuno."


Nonostante tutto Happy New Year!

venerdì 22 dicembre 2006

Senza titolo


Te ne vai.
L'occhio vitreo, fisso.
Non mi riconosci.
La voce impastata, barba lunga, te ne vai.
Ti accommiati dal mondo in silenzio, straparlando un po'.
Ti guardo le spalle, i bicipiti, il petto e le cosce, un dì vigorosi.
Avevo paura di te, tutti ne avevamo. Ora fai pena, pietas cristiana.
E te ne vai poco a poco, e saresti mio padre.
Ma per me non lo sei.
Solo un povero corpo, un essere umano, un relitto che merita rispetto. Un concittadino come gli altri. Eppure, quante domande avrei avuto da farti, quante risposte avresti potuto darmi con quella bocca oramai muta, quanti sguardi d'affeto non ci siamo scambiati, con quegli occhi cerulei che ormai non vedono più.
Eppure non riesco a trattenermi, e ti stringo le mani.
E te ne vai.
Te ne vai.
E cambia anche la mia vita, mentre te ne vai.

mercoledì 20 dicembre 2006

Civiltà


NESSUNO TOCCHI ABELE

Sette anni fa, in Libia, ci fu un’epidemia di aids tra i bimbi ricoverati in un’ospedale.
L’aids, latente tra la popolazione, già c’era da tempo, ma il regime lo negava.
L’aids, latente da tempo, esplose perché ("taglio dei costi") iniziarono, in quell’ospedale come (immagino) in altri, a riutilizzare siringhe ed aghi.
Cinque infermiere straniere (bulgare), e un infermiere maschio, furono accusati, presi come capri espiatori dal regime.
Sono stati condannati a morte ieri.


Gheddafi ora vorrebbe fare marcia indietro, ma l’opinione pubblica libica, gonfiata da anni di propaganda, è oramai decisa e chiede le teste di queste sei persone, assolutamente innocenti, che da sette anni vengono fatte languire nelle galere del regime e torturate.
E sotto tortura – si sa – uno riesce a far ammettere a Bush di essere comunista…
Tutto il mio sdegno, tutta la mia protesta, tutto il mio appello agli spiriti liberi di destra e di sinistra, mobilitiamoci, facciamo qualche cosa.


Non tutto è perduto, c’è ancora l’ultimo processo d’appello.
Qui non possiamo nemmeno dire "nessuno tocchi Caino".
Qui bisogna urlare "nessuno tocchi Abele".

domenica 17 dicembre 2006



Welby condannato a vivere ancora


Il giudice non autorizza a staccare la spina
Piergiorgio Welby ha il diritto di chiedere l’interruzione della respirazione assistita, ma si tratta di un diritto non tutelato dall’ordinamento giuridico, dipende dalla sensibilità del medico. E’ la posizione del giudice del tribunale di Roma Angela Salvio ed è un rifiuto senza mezzi termini del ricorso presentato quasi un mese fa dagli avvocati di Welby, malato di distrofia muscolare nella fase terminale che ha chiesto la sospensione della terapia e una morte senza sofferenze. Welby può impugnare la decisione. «Non ha ancora deciso, ci sono quindici giorni di tempo», spiega l’avvocato Vittorio Angiolini. Difficile prevedere quel che deciderà, ieri ad un amico che paragonava il giudice a Ponzio Pilato, rispondeva: «Ne è piena l’Italia». E’ Marco Cappato, segretario dell’associazione Luca Coscioni, a parlare del futuro: «Il prossimo passo è discutere e operare insieme a Piergiorgio e sua moglie Mina per trovare le modalità su tutti gli aspetti necessari a compiere la volontà di Piergiorgio». E la moglie del malato è d’accordo: spetta a lui decidere.
Il giudice lancia un richiamo chiaro al Parlamento, chiede «un’iniziativa politica e legislativa per colmare il vuoto normativo in materia». L’elenco di queste carenze è lungo. Il divieto di accanimento terapeutico «esiste, è un principio «solidamente basato su principi costituzionali di tutela della dignità della persona (art. 2 e 32)», ma «sul piano dell’attuazione pratica del corrispondente diritto del paziente ad esigere e a pretendere che sia cessata una determinata attività medica di mantenimento in vita, lascia il posto alla interpretazione soggettiva e alla discrezionalità e non è regolata dal diritto».
La sentenza del giudice è contenuta in un provvedimento di 11 pagine depositato ieri al Tribunale di Roma. Si parla del «principio di autodeterminazione e del consenso informato», uno dei pilastri su cui si basa la richiesta di Welby. Il giudice lo definisce una grande conquista civile, ma «manca dei decreti attuativi». Dunque pone molti problemi pratici. «Nel corso degli anni - scrive il magistrato - è profondamente mutato il modo di intendere il rapporto medico-paziente, e il segno di questa trasformazione è nella rilevanza assunta dal consenso informato, che ha spostato il potere di decisione del medico al paziente». E poi c’è il concetto di accanimento terapeutico, i cui confini nell’ambito dell’ordinamento, sono «incerti ed evanescenti e manca una definizione condivisa ed accettata». «Manca inoltre - continua il giudice Salvio - la definizione di quando l’insistere con trattamenti di sostegno vitale sia prassi ingiustificata o sproporzionata». E soprattutto la sentenza ricorda che «non esistono linee guida di natura tecnica ed empirica di orientamento del comportamento dei medici». Parole che hanno soddisfatto i medici. Questa sentenza è solo una conferma di quanto andavano ripetendo nei giorni scorsi sulla «incertezza delle legge e le difficoltà, non solo etiche, dei medici», spiega Amedeo Bianco, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici. Divisi i costituzionalisti. Michele Ainis: «È prevalsa la logica dello scaricabarile: la politica ha rimbalzato sui giudici che a loro volta hanno lasciato i medici con il cerino in mano». E a Welby suggerisce la strada dell’«obiezione di coscienza: staccare la spina sarebbe giustificabile di fronte a un tale vuoto». Ipotesi che un altro costituzionalista, Cesare Mirabelli, rifiuta: «Obiettare significa sottrarsi a un comportamento doveroso, ma in questo caso un obbligo nell’ordinamento non esiste».

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Non solo Ponzio Pilato, ma incapaci di prendere una decisione. Manca il coraggio di dare un precedente.
Probabilmente c'è la speranza che si risolva per l'intervento del destino e non di una decisione umana.
Sabry


(Pubblicato dalla coblogger Sabry65)

martedì 12 dicembre 2006

Civiltà


Per una volta, riassumo da "La Repubblica", perché la politica non c'entra, c'entrano le coscienze.
IL DRAMMA DI WELBY/2

E’ il Catechismo della Chiesa Cattolica (art. 2278) a dire che "L’interruzione di procedure mediche onerose, straordinarie o sproporzionate ai risultati attesi può essere legittima. In tal caso si ha la rinuncia all’accanimento terapeutico. Non si vuole così procurare la morte: si accetta di non poterla impedire", e ancora che (art. 2279):
"L’uso di analgesici per alleviare le sofferenze del moribondo, anche con il rischio di abbreviare i suoi giorni, può essere moralmente conforme alla dignità umana, se la morte non è voluta né come fine né come mezzo, ma è soltanto prevista come tollerata e quindi inevitabile."
L’art. 14 del codice deontologico del medico: "Egli deve astenersi dall’ostinazione in trattamenti da cui non ci si possa fondatamente attendere un beneficio per la salute del malato e/o un miglioramento della qualità della vita"
L’art. 37 dello stesso codice recita "In caso di malattia o prognosi sicuramente infausta o pervenuta alla fase terminale, il medico deve limitare la sua opera all’assistenza morale. Fornendo al malato i trattamenti appropriati a tutela, per quanto possibile, della qualità della vita."
Il genetista Bruno Dallapiccola: "A nessun medico si può chiedere di iniettare in vena una sostanza che uccida, ma è altrettanto vero che i medici non devono tirarsi indietro di fronte al dramma dei malati terminali. (…) Né eutanasia, né accanimento."
Il giurista Stefano Canestrari: "Mentre l’eutanasia attiva, anche con il consenso del paziente, è sanzionata pesantemente dal codice penale, il rifiuto delle cure, anche di quelle salvavita, è un diritto sancito dall’art. 32 della Costituzione."
Laura Palazzani, giurista cattolica: secondo lei la richiesta di Welby "non è un atto eutanasico, nemmeno all’atto della sedazione terminale."
Il bioeticista Demetrio Neri: "Molti medici obiettano che di fronte a un paziente in fin di vita l’obbligo è quello di rianimarlo. Non è così. Se il paziente, lucidamente, aveva chiesto di mettere fine alle cure, sempre per l’art. 34 (del codice deontologico dei medici, che prevede che si possa interrompere l’accanimento terapeutico, ndr), il medico deve tener conto della volontà espressa dal malato prima dello stato di incoscienza."
Cinzia Caporale, Vicepresidente del Comitato di Bioetica: "Premesso che è un imperativo morale assecondare il desiderio di un paziente nelle condizioni di Welby, è vero però che dopo aver staccato la spina il medico, accanto al malato che muore, si trova in una posizione non tutelata oggi da nessuna norma."
Il giurista Lorenzo D’Avack denuncia una "totale assenza di norme che tutelino il medico, e l’uso improprio del termine eutanasia, mentre Welby è la prova di un conclamato accanimento terapeutico."
Il professor Umani Ronchi, anatomopatologo, ricordando il discorso che papa Pio XII fece nel 1957 ai medici rianimatori, afferma che "imporre un trattamento non voluto è sempre e comunque una violenza".
Ora mi chiedo e vi chiedo: se la vita non ci appartiene, se appartiene a Dio, se non abbiamo il diritto di interromperla, abbiamo il diritto di prolungarla contro natura?

lunedì 11 dicembre 2006

Civiltà


IL DRAMMA DI WELBY: ETICA O MANCANZA DI PIETA'?

Si arrampicano sui sofismi.
Come quando mi dicono: "ma smettila, nemmeno tu avresti mai il coraggio di staccare la spina."
E con questo intendono che "inconsciamente" pure io condanno l'eutanasia.

Grazie tante, se è per questo non avrei nemmeno il coraggio necessario per aprire la gola di qualcuno con il coltello da caccia e infilarci una cannuccia per farlo respirare e salvargli la vita, come si vede nei film; ciò dimostra forse che sono contro chi lo fa?

A parte questo e tornando a Welby, mi chiedo e vi chiedo:e la pietà, la carità cristiana? Mi viene in mente un verso di De Andrè: "Lo sanno a memoria il diritto divino, e scordano sempre il perdono"...
Ecco il testo della lettera di Welby dalla sua "prigione infame"
"Addio: voglio bene anche a chi mi tortura per i suoi valori". Così scrive in una lettera inviata al direttore del Tg 3 Piergiorgio Welby. "Signor Direttore, come già Luca Coscioni, a mio turno sono oggi oggetto di offese e insulti, di pensieri, parole, aggressioni alla mia identità ed alla mia immagine, quasi non bastassero quelle perpetrate al corpo che fu mio e che, invece, vorrei, per un attimo almeno, mi fosse reso come forma, qual è il corpo, necessaria del mio spirito, del mio pensiero, della mia vita, della mia morte; in una parola del mio 'essere". "Sono accusato, insomma - prosegue Welby - di 'strumentalizzare' io stesso, la mia condizione per muovere a
compassione, per mendicare o estorcere in tal modo, slealmente, quel che proponiamo e perseguiamo con i miei compagni Radicali e della Associazione Luca Coscioni, così infamandoci come meri oggetti o come soggetti plagiati. Strumenti? Sono, invece, limpidi obiettivi ideali, umani, civili, politici".
"Dalla mia prigione infame - scrive Welby - da questo corpo che, nel nome dell'etica s'intende, mi sequestrano, mi tornano alla memoria le lettere inviate alla politica da un suo illustre, altro, 'prigioniero': Aldo Moro. Pagine nobili e tragiche contro gli uomini di un potere che aveva deciso di condannarlo (anche lui per etica, naturalmente) a morte certa, anche lui ad una forma di tortura di Stato, feroce ed ottusa. Quelle pagine non potrei farle mie. Anche perché furono perfette, e lo restano".
"Un pensiero, ancora, un interrogativo, un dubbio - conclude Welby - dove sono mai finiti per tanti 'credenti' Corpo mistico e Comunione dei Santi? Comunque Addio, Signori che fate della tortura infinita il mezzo, lo strumento obbligato di realizzazione o di difesa dei vostri valori! Chi siano (e in che modo) i morti o i vivi che rimarranno tali quando saremo tutti passati, non sappiamo, né noi né voi. Io auguro a voi ogni bene.
Spero davvero (ma temo fortemente che così non sia), spero davvero che questo augurio vi raggiunga, si realizzi, perché questo 'voi' oggi manca anche a me, anche a noi altri". La dolorosa vicenda di Piergiorgio Welby continua tenere alta l'attenzione della società civile e del mondo politico e alcuni appuntamenti della prossima settimana potrebbe aprire nuovi scenari, legati in particolare all'udienza fissata dal Tribunale civile di Roma, dalla riunione del comitato di presidenza del Consiglio superiore di sanità e da ulteriori iniziative dell'Associazioni Coscioni. Nell'udienza fissata dalla Prima sezione civile si discuterà sul ricorso presentato da Piergiorgio Welby per ottenere l'interruzione dell'accanimento terapeutico attraverso il distacco del respiratore artificiale sotto sedazione terminale. Il giorno seguente si dovrebbe riunire il comitato di presidenza del Consiglio Superiore di Sanità, presieduto dal professor Franco Cuccurullo, che nei giorni scorsi era stato investito della vicenda dal ministro della salute Livia Turco. La questione alla quale dovranno rispondere gli esperti è la seguente: nel caso del signor Piero Welby i trattamenti sanitari ai quali è attualmente sottoposto sono inquadrabili o no nell'ambito di forme di accanimento terapeutico ? Ma i tempi per una decisione non saranno necessariamente brevi, anzi per la complessità della vicenda, potrebbero richiedere diversi giorni di lavoro. La procedura prevede, infatti, che il comitato di presidenza del Css esamini la questione e poi la assegni ad una delle cinque commissioni per una istruttoria. Si tratta di approfondire gli aspetti strettamente medici, giuridici, etici per poter dire se nel caso si ravvisano terapie sproporzionate, cioè accanimento. Ma è possibile che vista la delicatezza e l'importanza della situazione sia chiamato a pronunciarsi tutto il Consiglio riunito in
assemblea (51 esponenti). E così anche la decisione del Tribunale potrebbe essere rinviata per analoghi approfondimenti. Ma l'associazione Coscioni, che oggi ha
sospeso lo sciopero della fame su richiesta dello stesso Welby, mentre attende una decisione dei giudici conferma la ferma intenzione di aiutarlo a interrompere l'accanimento, anche "assumendosi la responsabilità di disobbedire a un'interpretazione anticostituzionale e disumana delle leggi esistenti, appena ci sarà da lui richiesto". A 78 giorni dalla lettera al Presidente della Repubblica, nella quale chiedeva di "ottenere l'esercizio del diritto naturale civile politico personale ad una morte naturale", Welby lancia un nuovo appello per la sua condizione.


L'Olanda e l'eutanasia a cura di

Eutanasia
Siete favorevoli ?
SI
NO

Current Results
Alcuni articoli sull'eutanasiaFrancesco Addante
Ministro italiano contro l'eutanasia olandese, è giusto criticare un Paese straniero ?
Il Sole 24 ore

giovedì 7 dicembre 2006


La decisione della Giunta del Senato
Elezioni, schede bianche e nulle da ricontare
Si procederà al riesame in 7 regioni: Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Puglia, Sicilia e Toscana
Roma, 6 dic. (Adnkronos) - La giunta per le elezioni del Senato ha deciso di dare il via al riconteggio delle schede nulle e bianche a partire da 7 regioni: Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Puglia, Sicilia e Toscana. Si procederà, inoltre, alla revisione a campione delle schede valide custodite nei tribunali competenti. La decisione della giunta e' stata presa quasi all'unanimita' con la sola astensione del senatore dei Verdi Natale Ripamonti.

La delibera varata della giunta delle elezioni e delle immunità parlamentari è la sintesi di due precedenti delibere presentate dal senatore della maggioranza Antonio Boccia dell'Ulivo, e da una presentata dal senatore di Forza Italia Lucio Malan.

La delibera reca la firma di quasi tutti i capigruppo di maggioranza e di opposizione. In particolare, essa prevede di ''procedere alla revisione totale delle schede nulle, bianche e contenenti voti nulli o contestati, custodite in Senato a partite dalle seguenti regioni: Calabria, Campania, Lazio, Lombardia, Puglia, Sicilia, Toscana''. Per le stesse ragioni -recita la delibera- procedere alla revisione delle schede valide, custodite nei tribunali competenti, secondo una campionatura che sarà decisa dai Comitati di revisione schede sulla base dei seguenti criteri: 1) l'assenza del verbale o la notevole discrasia tra i dati dichiarati sul verbale sezionale e quelli verificati con la revisione'' relative alle schede bianche e nulle; 2) l'assenza di schede nulle e contestate; 3) la presenza di rappresentanti di lista appartenenti ad una sola coalizione o l'assenza nel seggio di rappresentanti di lista per ambedue le coalizioni. Nel caso i risultati della revisione totale delle schede nulle e bianche o della revisione del campione delle schede valide ''rivelino scostamenti significativi rispetto ai dati di proclamazione'', per la Giunta occorrerà ''estendere la procedura di revisione delle schede anche alle altre regioni ed alla circoscrizione Estero''.

Nella prossima riunione della Giunta il presidente procederà alla nomina dei comitati di revisione per ciascuna delle regioni interessati, che saranno composti da un relatore più altri due componenti, un esponente della maggioranza e uno dell'opposizione. Si calcola che, per quanto riguarda le schede nulle o bianche delle 7 regioni interessate, dovranno verificare all'incirca 700 mila schede (300 mila bianche e circa 400 mila nulle).

Per Malan, per ora non è possibile preventivare quanto tempo ci vorrà per il riconteggio. ''Devo dare atto -ha detto Malan- della correttezza della maggioranza''. Per il senatore di Forza Italia l'accordo bipartisan è stato possibile anche grazie ''alla spinta della manifestazione del 2 dicembre che ha avuto il suo peso''. Quanto alle regioni interessate, la Campagna e il Lazio sarebbero state scelte per lo stretto margine di variazione registrato dai due schieramenti, mentre la Calabria avrebbe presentato nell'ultima tornata elettorale un forte calo delle schede bianche.

da adnkronos.com

(Pubblicato dal coblogger Condorbianco)

lunedì 4 dicembre 2006

Deontologia dell'informazione


DALLA PRESENTAZIONE DELL'ULTIMO LIBRO DI TRAVAGLIO ("LA SCOMPARSA DEI FATTI")

Citazione testuale:
«I fatti separati dalle opinioni.» Era il motto del mitico Panorama di Lamberto Sechi, inventore di grandi giornali e grandi giornalisti.
Poi, col tempo, quel motto è caduto in prescrizione, soppiantato da un altro decisamente più pratico: «Niente fatti, solo opinioni». I primi non devono disturbare le seconde. Senza fatti, si può sostenere tutto e il contrario di tutto. Con i fatti, no.
C’è chi nasconde i fatti perché non li conosce, è ignorante, impreparato, sciatto e non ha voglia di studiare, di informarsi, di aggiornarsi.
C’è chi nasconde i fatti perché trovare le notizie costa fatica e si rischia persino di sudare.
C’è chi nasconde i fatti perché non vuole rogne e tira a campare galleggiando, barcamenandosi, slalomando.
C’è chi nasconde i fatti perché ha paura delle querele, delle cause civili, delle richieste di risarcimento miliardarie, che mettono a rischio lo stipendio e attirano i fulmini dell’editore stufo di pagare gli avvocati per qualche rompicoglioni in redazione.
C’è chi nasconde i fatti perché si sente embedded, fa il tifo per un partito o una coalizione, non vuole disturbare il manovratore.
C’è chi nasconde i fatti perché se no lo attaccano e lui vuole vivere in pace.
C’è chi nasconde i fatti perché altrimenti non lo invitano più in certi salotti, dove s’incontrano sempre leader di destra e leader di sinistra, controllori e controllati, guardie e ladri, puttane e cardinali, prìncipi e rivoluzionari, fascisti ed ex lottatori continui, dove tutti sono amici di tutti ed è meglio non scontentare nessuno.
C’è chi nasconde i fatti perché confonde l’equidistanza con l’equivicinanza.
C’è chi nasconde i fatti perché contraddicono la linea del giornale.
C’è chi nasconde i fatti perché l’editore preferisce così.
C’è chi nasconde i fatti perché aspetta la promozione.
C’è chi nasconde i fatti perché fra poco ci sono le elezioni.
C’è chi nasconde i fatti perché quelli che li raccontano se la passano male.
C’è chi nasconde i fatti perché certe cose non si possono dire.
C’è chi nasconde i fatti perché «hai visto che fine han fatto Biagi e Santoro».
C’è chi nasconde i fatti perché è politicamente scorretto affondare le mani nella melma, si rischia di spettinarsi e di guastarsi l’abbronzatura, molto meglio attenersi al politically correct.
C’è chi nasconde i fatti perché altrimenti diventa inaffidabile e incontrollabile e non lo invitano più in televisione.
C’è chi nasconde i fatti perché fa più fine così: si passa per anticonformisti, si viene citati, si crea il «dibbattito».
C’è chi nasconde i fatti anche a se stesso, perché ha paura di dover cambiare opinione.
C’è chi nasconde i fatti per solidarietà con Giuliano Ferrara, che è molto intelligente e magari poi si sente solo.
C’è chi nasconde i fatti perché i servizi segreti lo pagano apposta.
C’è chi nasconde i fatti anche se non lo pagano, ma magari un giorno pagheranno anche lui.
C’è chi nasconde i fatti perché il coraggio uno non se lo può dare.
C’è chi nasconde i fatti perché nessuno gliel’ha ancora chiesto, ma magari, prima o poi, qualcuno glielo chiede.
C’è chi nasconde i fatti perché così poi qualcuno lo ringrazia.
C’è chi nasconde i fatti perché spesso sono tristi, spiacevoli, urticanti, e non bisogna spaventare troppo la gente che vuole ridere e divertirsi.
C’è chi nasconde i fatti perché altrimenti poi tolgono la pubblicità al giornale.
C’è chi nasconde i fatti perché se no poi non lo candida più nessuno.
C’è chi nasconde i fatti perché così, poi, magari, ci scappa una consulenza col governo o con la Rai o con la Regione o con il Comune o con la Provincia o con la Camera di commercio o con l’Unione industriali o col sindacato o con la banca dietro l’angolo.
C’è chi nasconde i fatti perché deve tutto a quella persona e non vuole deluderla.
C’è chi nasconde i fatti perché altrimenti è più difficile voltare gabbana quando gira il vento.
C’è chi nasconde i fatti perché altrimenti poi la gente capisce tutto.
C’è chi nasconde i fatti perché è nato servo e, come diceva Victor Hugo, «c’è gente che pagherebbe per vendersi».

Poi c'è chi li nasconde perché mentre li sta cercando glieli pubblicano gli altri.
Ma per il resto, sono d'accordo.