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domenica 19 agosto 2007

CApeZZONE


"LA DI LORO GENITRICE, PERMANENTEMENTE IN DOLCE (?) ATTESA"
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DANIELE CAPEZZONE:
"FLAT TAX DEL 20%"
Questo strano nostro dipendente, ignorando il dettato costituzionale, suggerisce di abbandonare la progressività della tassazione.
Il suo progressivo avvicinamento al salto nel centrodestra continua.

lunedì 13 agosto 2007

BUONE FERIE


E mo' basta!

miriposo
Questo blog chiude da stasera, riaprirà ufficialmente il 4 settembre
(D&F farà solo una fugace apparizione il 19 agosto)
Buone vacanze.

venerdì 10 agosto 2007


IL GRULLO PARLANTE
di agosto 2007 è assegnato ex-aequo alla coppia Gentilini-Calderoli
(quest'ultimo si è già fregiato dell'ambìto titolo) con le seguenti motivazioni:
GEN--180x140Giancarlo Gentilini (Lega Nord, vicesindaco di Treviso), "per aver invocato la pulizia etnica contro i culattoni (testuale) della sua città, incoraggiando così facinorosi di ogni genere, ma in particolare di area naziskin et similia, a perseguitare in tutti i modi possibili chiunque sia sospettato di avere inclinazioni sessuali a loro insindacabile giudizio valutate eterodosse; per aver chiamato la categoria con un inequivocabile appellativo riferibile alla sodomia e implicitamente alla sola categoria dei maschi omosessuali, macchiandosi così di ulteriore discriminazione (evidentemente le lesbiche non sono giudicate all'altezza, degne di persecuzione); per essersi macchiato, incurante del proprio ruolo istituzionale, diell'ennesimo atto di discriminazione e quindi di aver violato il senso e la lettera della Costituzione Repubblicana"

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Al sen. Roberto Calderoli (Lega Nord, fu inspiegabilmente - ed inconsapevolmente - Ministro della Giustizia nella precedente legislatura), "per essersi ostentatamente dissociato dall'intemerata di Gentilini, dimenticandosi completamente di aver sparato, se non di più grosse, certamente cazzate della stessa natura, come quando invocò la castrazione chimica per gli stupratori"

Premio "Il Grullo Parlante"


IL GRULLO PARLANTE
<PREMIO SPECIALE ALLA CARRIERA>
CONFERITO DALLA GIURIA RIUNITA IN SEDUTA STRAORDINARIA A
FRANCESCO CARUSO
 caruso

Motivazione: "In quanto parlamentare indipendente (da cosa? da tutto, compresa la logica) del Partito della Rifondazione Comunista (ma Lenin o Stalin lo avrebbero fatto internare, e Marx  al solo sentirlo parlare scapperebbe a gambe levate), ha dato voce ai luoghi comuni più biechi e ritriti, antistorici e violenti del luogocomunismo del sottobosco extraparlamentare di sinistra; con le sue parole, non ha  smesso di incoraggiare i più stupidi pruriti sedicenti rivoluzionari sparando una montagna di cazzate. L'ultima, degna del premio alla carriera, riguarda il ruolo di presunti mandanti oggettivi delle morti bianche sul lavoro, di T.Treu e M.Biagi; il secondo dei quali è caduto vittima del piombo di gente che la pensa come lui."

mercoledì 8 agosto 2007

I falsi ideologici de "Il Giornale"



I giudici condannano il quotidiano di Paolo Berlusconi
"Un atto rivolto contro un esercito straniero occupante"

Cassazione: "Via Rasella fu atto di guerra"
Il Giornale condannato per diffamazione

Il gappista Bentivegna: "E' la quarta sentenza che ci dà ragione"


ROMA - Nel 1996 Il Giornale scatenò una vera e propria campagna contro i partigiani che compirono l'azione di via Rasella. Quell'attacco che provocò 33 morti e scatenò la rappresaglia delle Ss alle Fosse Ardeatine. Articoli che, in pratica, tendevano a "scaricare" sul gruppo dei gappisti guidato da Rosario Bentivegna, le responsabilità della strage che provocò 335 morti. Ora, però, la Cassazione, confermando la condanna al risarcimento per diffamazione (45 mila euro) a beneficio dei gappisti e di Rosario Bentivegna che li guidava, boccia quella campagna di stampa, ne sottolinea le falsità e condanna il quotidiano di Paolo Berlusconi.

La Cassazione parte da un dato di fatto: l'attentato contro i tedeschi del battaglione 'Ss Bozen', fu un "legittimo atto di guerra rivolto contro un esercito straniero occupante e diretto a colpire unicamente dei militari". Militari che non erano, come aveva sostenuto Il Giornale "vecchi militari disarmati", ma "soggetti pienamente atti alle armi, tra i 26 e i 43 anni, dotati di sei bombe e pistole".

Ed ancora. Non è vero che il 'Bozen' "era formato interamente da cittadini italiani" in quanto, continuano gli ermellini, "facendo parte dell'esercito tedesco, i suoi componenti erano sicuramente altoatesini che avevano optato per la cittadinanza germanica".

Poi la Cassazione si dedica alla contabilità delle vittime civili dell'attentato. Secondo Il Giornale erano sette. Ma non è così: "Ora nessuno più mette in discussione che le vittime civili furono due". Così come non era vero che dopo l'attentato erano stati affissi manifesti che invitavano gli attentatori a consegnarsi per evitare rappresaglie". Un punto, questo, portato avanti da una certa storiografia revisionista. Per smentire, la Cassazione parte dai fatti. "L'asserzione trova puntuale smentita nel fatto che la rappresaglia delle Fosse Ardeatine era iniziata circa 21 ore dopo l'attentato - dicono i giudici - , e soprattutto nella direttiva del Minculpop la quale disponeva che si tenesse nascosta la notizia di Via Rasella, che venne effettivamente data a rappresaglia già avvenuta".


Ad avviso dei supremi giudici, tutti questi fatti "non rispondenti al vero non possono essere considerati di carattere marginale". E anche se la Corte di Appello di Milano ha riconosciuto che si sarebbero potute esprimere "dure critiche sulla scelta dell'attentato, l'organizzazione, i suoi scopi", questo non basta per mettere in piedi un castello di inesattezze e falsità.

Per questo è da ritenersi "lesiva dell'onorabilità politica e personale" di Bentivegna "la non rispondenza a verità di circostanze non marginali come l'ulteriore parificazione tra partigiani e nazisti con riferimento all'attentato di via Rasella e l'assimilazione tra Erich Priebke e Bentivegna". Un parallelo che Vittorio Feltri, allora direttore del quotidiano, aveva azzardato in un editoriale.

Soddisfatto il commento di Bentivegna: "E' la quarta sentenza di un'alta corte italiana, militare penale o civile che ci dà ragione con le stesse motivazioni, ma il il mondo è pieno o di imbecilli o di faziosi ancora disposti a sostenere il contrario. C'è poco da fare..".

(La Repubblica7 agosto 2007)

Ditemi ora.
Sia La Repubblica sia Il Giornale, si sa, sono schierati.
Datemi un parere.
Quale delle due fonti è meno attendibile?

lunedì 6 agosto 2007

Chiesa e destra


IL PASSATO DI DON GELMINI
Orbene: seguendo le piste di Astime e LoopydeLoop (che ringrazio) mi imbatto in queste affermazioni di un blogger con il quale non riesco a mettermi in contatto,  che non cita le sue fonti, ma che riesco comunque a rintracciare (http://qn.quotidiano.net/2007/08/05/29205-vera_storia_pierino.shtml) grazie ai miei due amici. Ora, qualcuno potrà pensare che vogliamo insinuare qualcosa sulle molestie sessuali. 
NO
Anzi, se devo dire la mia, mi sembra proprio che sul punto Gelmini sia bersaglio di una montatura. Pubblichiamo questo contenuto solo per tentare un'ipotesi che possa spiegare come mai Gelmini sia così gradito a Berlusconi e soci.
Milano, 5 agosto 2007 -
C’è stato un altro don Pierino prima di don Pierino. Un prete che ha sempre sfidato le convenzioni, ma che di guai con la giustizia ne ha avuti tanti, ed è pure finito in carcere un paio di volte. A un certo punto è stato anche sospeso «a divinis», salvo poi essere perdonato da Santa Romana Chiesa.

E’ il don Gelmini che non figura nelle biografie ufficiali. I fatti accadono tra il 1969 e il 1977, quando don Pierino era ancora considerato un «fratello di». Una figura minore che viveva di luce riflessa rispetto al più esuberante padre Eligio, confessore di calciatori, amico di Gianni Rivera, frequentatore di feste, fondatore delle comunità antidroga «Mondo X» e del Telefono Amico.

Anni che furono in salita per don Pierino e che non vengono mai citati nelle pubblicazioni di Comunità Incontro. Per forza. Era il 13 novembre 1969 quando i carabinieri lo arrestarono per la prima volta, nella sua villa all’Infernetto, zona Casal Palocco, alla periferia di Roma. E già all’epoca fece scalpore che questo sacerdote avesse una Jaguar in giardino.

Lui, don Pierino, nella sua autobiografia scrive che lì, nella villa dell’Infernetto, dopo un primissimo incontro-choc con un drogato, tale Alfredo, nel 1963, cominciò a interessarsi agli eroinomani. In tanti bussavano alla sua porta. «Ed è là che, ospitando, ancora senza tempi o criteri precisi, ragazzi che si rivolgono a lui, curando la loro assistenza legale e visitandoli in carcere, mette progressivamente a punto uno stile di vita e delle regole che costituiranno l’ossatura della Comunità Incontro».

All’epoca, Gelmini aveva un certo ruolo nella Curia. Segretario di un cardinale, Luis Copello, arcivescovo di Buenos Aires. Ma aveva scoperto la nuova vocazione. «Rinunciai alla carriera per salire su una corriera di balordi», la sua battuta preferita.

I freddi resoconti di giustizia dicono in verità che fu inquisito per bancarotta fraudolenta, emissione di assegni a vuoto, e truffa. Lo accusarono di avere sfruttato l’incarico di segretario del cardinale per organizzare un’ambigua ditta di import-export con l’America Latina. E restò impigliato in una storia poco chiara legata a una cooperativa edilizia collegata con le Acli che dovrebbe costruire palazzine all’Eur. La cooperativa fallì mentre lui rispondeva della cassa. Il giudice fallimentare fu quasi costretto a spiccare un mandato di cattura. 

Don Pierino, che amava farsi chiamare «monsignore», e per questo motivo si era beccato anche una diffida della Curia, sparì dalla circolazione. Si saprà poi che era finito nel cattolicissimo Vietnam del Sud dove era entrato in contatto con l’arcivescovo della cittadina di Hué. Ma la storia finì di nuovo male: sua eminenza Dihn-Thuc, e anche la signora Nhu, vedova del Presidente Diem, lo denunciarono per appropriazione indebita. Ci fecero i titoloni sui giornali: «Chi è il monsignore che raggirò la vedova di Presidente vietnamita». 

Dovette rientrare in Italia. Però l’aspettavano al varco. Si legge su un ingiallito ritaglio del Messaggero: «Gli danno quattro anni di carcere, nel luglio del ‘71. Li sconta tutti. Come detenuto, non è esattamente un modello e spesso costringe il direttore a isolarlo per evitare “promiscuità” con gli altri reclusi». Cattiverie. 

Fatto sta che le biografie ufficiali sorvolano su questi episodi. Non così i giornali dell’epoca. Anche perché nel 1976, quando queste vicende sembravano ormai morte e sepolte, e don Pierino aveva scontato la sua condanna, nonché trascorso un periodo di purgatorio ecclesiale in Maremma, lo arrestarono di nuovo. 

Questa volta finì in carcere assieme al fratello, ad Alessandria, per un giro di presunte bustarelle legate all’importazione clandestina di latte e di burro destinati all’Africa. Si vide poi che era un’accusa infondata. Ma nel frattempo, nessuna testata aveva rinunciato a raccontare le spericolate vite parallele dei due Gelmini. Ci fu anche chi esagerò. Sul conto di padre Eligio, si scrisse che non aveva rinunciato al lusso neppure in cella. 

Passata quest’ennesima bufera, comunque, don Pierino tornò all’Infernetto. Sulla Stampa la descrivevano così: «Due piani, mattoni rossi, largo muro di cinta con ringhiera di ferro battuto, giardino, piscina e due cani: un pastore maremmano e un lupo. A servirlo sono in tre: un autista, una cuoca di colore e una cameriera».

Tre anni dopo, nel 1979, sbarcava con un pugno di seguaci, e alcuni tossicodipendenti che stravedevano per lui, ad Amelia, nel cuore di un’Umbria che nel frattempo si è spopolata. Adocchiò un rudere in una valletta che lì chiamavano delle Streghe, e lo ottenne dal Comune in concessione quarantennale. Era un casale diroccato. Diventerà il Mulino Silla, casa-madre di un movimento impetuoso di comunità.

Gli riesce insomma quello che non era riuscito al fratello, che aveva anche lui ottenuto in concessione (dal proprietario, il conte Ludovico Gallarati Scotti, nel 1974) un rudere, il castello di Cozzo Lomellina, e l’aveva trasformato, grazie al lavoro duro di tanti volontari e tossicodipendenti, in uno splendido maniero. Ma ormai la parabola di padre Eligio era discendente. Don Pierino, invece, stava diventando don Pierino.

Chiesa di destra


ANCORA SU DON GELMINI
(E ANCORA GRAZIE, ASTIME)
DIN DON – DOPO LA LOBBY EBRAICA, SECONDA GAFFE DI DON PIERINO: “NON VOLEVA ACCUSARE LA MASSONERIA, BENSI’ LA NEW LEFT LAICISTA, ANTICLERICALE, POLITICALLY CORRECT”, DICE IL PORTOCROCE MELUZZI, “MASSONE IN SONNO” - TRUFFE E GALERA E DOSSIERAGGIO…1 - DON GELMINI: MELUZZI 'MASSONE IN SONNO', NON CE L'AVEVA CON NOI
(AGI) - Non parlava della Massoneria, almeno non intesa come istituzione, Don Pierino Gelmini nell'accusare "la loggia massonica radical-chic" che combatte la chiesa cattolica e che sosterrebbe l'indagine contro di lui per abusi sessuali. E' il suo portavoce Alessandro Meluzzi a fare chiarezza, costretto per il secondo giorno di fila a rettificare le dichiarazioni del focoso sacerdote dopo la gaffe sugli ebrei.

Un chiarimento ancora piu' significativo, se si considera che lo stesso Meluzzi e' un massone dichiarato, iscritto alla loggia Ausonia di Torino, anche se ha recentemente annunciato l'intenzione di diventare diacono permanente nell'ambito della Chiesa greco melchita cattolica, entrando cosi' "in sonno".
(Don Pierino Gelmini)

"Non c'e' alcuna ostilita' di don Pierino nei confronti della Massoneria - tiene a precisare Meluzzi - cosi' come non c'e' ostilita' della Massoneria nei suoi confronti. Ha usato l'aggettivo 'massonica' non come nome proprio, ma come nome comune: forse sarebbe stato meglio il termine usato da Castellitto in 'Caterina va in citta'', cioe' 'conventicola': un ambiente politico e culturale radical-chic, la new left laicista, anticlericale, politically correct, che in America ha rovinato i college americani e fa proseliti anche da noi".

Una lobby non meglio precisata: "I nomi non li so e se li sapessi non li faccio - precisa Meluzzi - ma penso a tutti coloro che con una visione molto elitaria non hanno mai avuto un atteggiamento benevolo nei confronti delle realta' popolari, e tra queste naturalmente la Chiesa". Nessuna polemica con la Massoneria, dunque, anche se Meluzzi ammette che "Don Pierino ha parlato con la franchezza e la schiettezza dei profeti. E' stato ingenuo, ma nel senso latino del termine, 'in-gens', cioe' nobile: nella commedia plautina era il nobile quello buono e onesto, e lui e' cosi': sembra semplice perche' manca di malizia. Siamo orgogliosi - ribadisce - della sua ingenuita'".

2 - TRUFFE E GALERA: L’ARMADIO SEGRETO DI DON PIERINO
Da L’Unità
 - Attività di dossieraggio. «Da quali armadi e schedari sono uscite le notizie sul passato di don Gelmini?». A tarda sera Alessandro Meluzzi prende voce in nome e per conto di don Gelmini e minaccia querele. Ce l’ha con il giornalista de «La Stampa» che ieri ha pubblicato la storia segreta del prete anti-droga, quella che non figura nelle biografie ufficiali, quella che parla di carcere, di truffe e di scomuniche. Quella che il tempo ha cancellato e di cui è difficile trovare traccia anche negli archivi delle agenzie giornalistiche. «Articoli come quelli scritti in questi giorni su don Gelmini - dice Meluzzi - presuppongono un’attività di dossieraggio. Ora questo lavoro sarà valutato attentamente da don Gelmini che deciderà poi se avviare iniziative legali».

Tracce ufficiali ce ne sono nell’archivio «Ansa» nei riepiloghi dei lontani anni 70: «... il sostituto procuratore della Repubblica dott Renato Grillo ha trasmesso il fascicolo relativo alla vicenda giudiziaria in cui sono cui sono coinvolti Padre Eligio (al secolo Angelo Gelmini), il fratello don Pietro Gelmini e l’avv Carmelo Conte (57 anni), in carcere dal 12 marzo con l’accusa di aver truffato un commerciante di formaggi di Crescentino, Viro Passero (35 anni), spicca contro di loro altrettanti ordini di cattura... ».
(Silvio Berlusconi - Foto U.Pizzi)

«Era il 13 novembre 1969 - scrive «La Stampa» - quando i carabinieri lo arrestarono per la prima volta, nella sua villa all’Infernetto, zona Casal Palocco, alla periferia di Roma. E già all’epoca fece scalpore che questo sacerdote avesse una Jaguar in giardino... All’epoca, Gelmini aveva un certo ruolo nella Curia. Segretario di un cardinale, Luis Copello, arcivescovo di Buenos Aires. Ma aveva scoperto la nuova vocazione. «Rinunciai alla carriera per salire su una corriera di balordi», la sua battuta preferita.

I freddi resoconti di giustizia dicono in verità che fu inquisito per bancarotta fraudolenta, emissione di assegni a vuoto, e truffa. Scappato in Vietnam viene condannato a quattro anni di carcere che sconta tutti. «Come detenuto, non è esattamente un modello e spesso costringe il direttore a isolarlo per evitare “promiscuità” con gli altri reclusi». Cattiverie? Le biografie ufficiali sorvolano su questi episodi.


Dagospia 06 Agosto 2007

venerdì 3 agosto 2007

La prevalenza del cretino


LA PREVALENZA DEL CRETINO
E' il titolo di un libro che anni fa ebbe un certo successo, e che sosteneva come - a furia di promozioni - si finisca sempre per mettere le persone in posizioni al di là di quelli che sono i loro limiti, le loro capacità, cosicchè fanno regolarmente cose "cretine".
La storia è di ieri. Un pastore nel sud Italia si avvicina alla battigia*, e preleva dieci litri d'acqua di mare per farne non so quale intruglio da spalmare per la salute degli zoccoli dei suoi ovini. Che sia o no basata su fatti scientificamente accertati, all'efficacia dell'intruglio lui crede (affari suoi in ogni caso).
La sua sfortuna è di essere notato da due zelanti servitori dello Stato, che gli contestano il comportamento (l'aver prelevato acqua di mare) come reato, in base al Codice di Navigazione, che vieta di prelevare elementi naturali dal mare, come sabbia, rocce, e appunto acqua marina, in ingenti quantità.
Questo poveraccio ora rischia di vedersi sporcata la fedina (e una multa fino a 9000 euro, mica cazzi, eh!) per aver prelevato l'acqua necessaria a fare un paio di castelli di sabbia.
E poi dicono che i cittadini non credono alle istituzioni.
Zelanti funzionari dello Stato, posso dirvelo? Vi siete comportati come due imbecilli.

* si dice battigia, non "bagnasciuga" come affermava Mussolini...