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domenica 21 giugno 2009

Sottoscrivo in pieno!


I BISCOTTI E LA POLITICA
biscotti
Su un posto che frequento, leggo questo bellissimo commento, da parte di lucio:
"Sul mercato ci sono il biscotto Novello e il biscotto Popolare.
Il biscotto Novello e’ fatto (casualmente) ad Arcore con segatura aromatizzata; è impacchettato in una confezione elegante, dalla grafica accattivante, ma fatta con materiali cancerogeni e scadenti, non riciclabili ma di basso costo.
Il biscotto Popolare è prodotto in diversi centri con ingredienti di ottima qualità e quindi piuttosto costosi, e confezionato in scatole di latta che una volta esaurita la loro funzione possono essere riutilizzate in vari modi.
Il biscotto Novello spende in pubblicità quello che risparmia in costi di produzione: numerosi spot televisivi, pagine e pagine di riviste patinate, ma, soprattutto, dietologi, nutrizionisti e professori vari che (grazie a gratificazioni economiche o di altro tipo) non perdono occasione di dire che il biscotto Novello non fa ingrassare, stimola l’intestino, ha il giusto apporto di calorìe, previene il cancro e in molti casi addirittura lo guarisce!
Il biscotto Popolare, investendo sulla qualità, non ha le risorse per sostenere una campagna pubblicitaria e quindi si fida del fatto che la composizione del suo prodotto, riportata in modo ben visibile sulla confezione, sia sufficiente a indurre il consumatore ad acquistarlo.
Ma il consumatore, non prende nemmeno in considerazione il fatto che i dietologi, i nutrizionisti, i professori possano mentire: evìta quindi di rivolgersi a qualche esperto che possa confrontare i due prodotti sulla base di analisi approfondite ed imparziali. E compra il Novello che ha la maggioranza schiacciante del mercato.
Il povero biscotto Popolare, ridotto ormai ad un prodotto di nicchia, cosa fa?
Inizialmente tenta di INFORMARE i consumatori su come stanno le cose, cercando di resistere, resistere, resistere!
Poi si rende conto che ai consumatori non importa nulla di essere informati: si fidano più della PUBBLICITA’ che dell’INFORMAZIONE.
E questo per due ragioni:
la prima è che è molto meno faticoso e dispendioso:
vuoi mettere la differenza tra il farsi delle domande, cercare delle risposte, verificare l’attendibilità di chi ti fornisce quelle risposte, ecc. ecc. rispetto al prendere per buona la prima cosa che ti viene detta da uno che esibisce tanto di diplomi e che è così carismatico e convincente?
La seconda è che, dopo anni e anni in cui hanno comprato il biscotto Novello, vantandosene anche, non potrebbero resistere alla vergogna di dover ammettere che il biscotto Novello fa cagare non perché “stimola la funzione intestinale” ma perché è fatto con la segatura! Come potrebbero guardarsi ancora allo specchio, senza piangere!
I consumatori quindi ignorano l’INFORMAZIONE e continuano più o meno consapevolmente a farsi indirizzare dalla PUBBLICITA’ e a “raccontarsi” che quella è la scelta migliore. E continuano ad acquistare il biscotto Novello.
Il povero biscotto Popolare quindi, rivede la propria strategìa, inserisce un po’ di segatura nel suo prodotto, riduce lo spessore e la qualità della sua confezione, e, con quello che risparmia, accetta di sfidare il concorrente scendendo sul suo (del concorrente) terreno. Ma parte svantaggiato perché l’altro si è già accaparrato l’esclusiva su quasi tutti i mezzi di diffusione della pubblicità e ha già nella sua scuderìa i “professionisti” comprabili.
Non solo, ma i consumatori di Novello, sono ormai gregge non disponibile a modificare le proprie scelte.
Piuttosto si astengono dal mangiare biscotti. Ma il biscotto Popolare non lo compreranno mai.
Si innesca così un circolo vizioso per cui entrambi i biscotti diventato immangiabili, ma un sacco di gente li compra e li consuma perché in un sistema dove la PUBBLICITA’ ha la meglio sull’INFORMAZIONE la gente è felice di mangiare (pagandoli anche cari) i biscotti con dentro la segatura.
Ci vorranno anni o eventi “imperscrutabili” per invertire la tendenza e indurre i consumatori a pretendere che sul mercato
ci siano soltanto biscotti prodotti correttamente in modo da non essere truffati!
E infine parliamo di politica: la politica e’ come i biscotti!"

venerdì 19 giugno 2009

Corsi e (purtroppo) ricorsi storici


QUELL' IMBARAZZANTE SOMIGLIANZA CON LA LEGGE ACERBO

DUCE


"Fino a oggi nessuno o quasi ha accostato la legge elettorale che uscirebbe da una vittoria dei sì al referendum alla legge Acerbo approvata dal fascismo nel 1923, che ebbe la prima e ultima applicazione l' anno seguente. Eppure le somiglianze tra le due leggi sembrano piuttosto evidenti.

La legge fascista assegnava i due terzi dei seggi alla Camera (il Senato era all' epoca di nomina regia) al partito che avesse ottenuto almeno il 25 per cento dei voti. Analogamente, una vittoria del referendum Segni-Guzzetta farebbe attribuire la maggioranza assoluta dei seggi non più (come ora) alla singola lista bensì al singolo partito che ha avuto più voti. E questo senza la necessità di superare alcun quorum, com' era invece il caso della legge Acerbo che almeno imponeva di raggiungere un quarto dei suffragi perché il premio previsto potesse scattare.

Avvicinandosi ormai la data della consultazione referendaria, nelle file dell' opposizione sono aumentati i dubbi sull' opportunità di votare sì. Eppure, l' obiezione di quanti, dopo aver sostenuto il referendum, sono passati ad avversarlo sembra basarsi soprattutto su considerazioni pratiche, utilitaristiche: oggi come oggi la nuova legge elettorale prodotta da una vittoria del fronte referendario non solo darebbe la maggioranza assoluta al PdL ma (grazie alla sua alleanza con la Lega in Parlamento) fornirebbe all' attuale presidente del Consiglio i numeri per riformare la Costituzione senza dover poi sottostare all' alea di un eventuale referendum popolare (che già una volta bocciò una riforma costituzionale del centrodestra).

Nessuno sembra invece intenzionato ad utilizzare l' argomento polemico della effettiva somiglianza tra la eventuale nuova legge elettorale e quella preparata a suo tempo dal fascista Acerbo. E se ne può intuire la ragione. Fino ad oggi è capitato più volte che esponenti dell' opposizione accostassero il governo attuale al Ventennio, Berlusconi a Mussolini.

Ma sarebbe un po' imbarazzante dichiarare che una vittoria dei sì darebbe forse a quel paragone un fondamento obiettivo, del quale però Berlusconi stesso - referendario dell' ultima ora - non potrebbe in alcun modo essere incolpato."

(L’ho trovato sul blog dell’amico Giovanni1984, che ringrazio)

mercoledì 10 giugno 2009

Ah ecco, mi pareva,,,


L'IMMONDIZIA SCOMPARSA DA NAPOLI? E' FINITA NELLA VILLA DEL "BOSS"

munnezza

Per mesi, tra il dicembre 2007 e le elezioni politiche 2008, tutti i TG di regime ci hanno martellato con l'emergenza rifiuti in Campania, un elemento che ha pesantemente contribuito a spostare definitivamente il responso delle urne a favore di Berlusconi (benché il problema fosse già drammatico nel 2003, per dire, e il suo governo se n'era bellamente fregato).
Poi è arrivato lui al potere, e ...voilà, come per incanto sembrava sparita tutta 'a munnezza.
Chiunque fosse dotato di comprendonio sentiva puzza di bruciato. Trascorsi alcuni mesi, ecco cosa scopro.
Dedicato a coloro che pensano ancora, poveri cocchi, che la TV non sposti voti.

Pubblicato da candidonews su 13 Maggio, 2009
Molti si chiedevano come avesse fatto il governo Berlusconi a risolvere il problema della immondizia campana. Per quattro mesi, lo scorso anno, non si era parlato d’altro. Da mesi invece il governo si loda per aver posto fine al problema. Ma i rifiuti dove sono finiti? Nella villa del boss, ecco dove. Molti rifiuti sono stati “spostati” in una tenuta appartenuta ai boss della camorra. Una soluzione provvisoria che avrebbe dovuto ospitare per poco tempo al massimo 90 mila metri cubi e che invece AD OGGI ha raggiunto il MILIONE di metri cubi. Intorno alla “discarica provvisoria” ci sono campi coltivati, caseifici, allevamenti di bufale ed altro. E con l’arrivo dell’estate la situazione potrebbe esplodere.
IL GOVERNO MASCARATO colpisce ancora. Tanto fumo e poi…. tanta immondizia.
L’articolo di repubblica.napoli

La monnezza scomparsa della Campania?
E’ finita nella discarica di Ferrandelle

Una squadra di attivisti di Legambiente è riuscita a compiere un sopralluogo a Ferrandelle, una località che si trova tra i comuni di Casal di Principe, Santa Maria La Fossa e Grazzanise. Ecco le immagini e il servizio che documentano come i rifiuti scomparsi dalle città della Campania siano tenuti ’sotto sorveglianza’ in una grande discarica a cielo aperto, in un’area completamente recintata. L’area, dichiarata sito di interesse strategico nazionale e strettamente vigilata, era stata confiscata al boss Francesco Schiavone, detto Sandokan. Doveva diventare una fattoria, invece è stata requisita dal Commissario straordinario per i rifiuti. E ora ospita, secondo le stime di Legambiente, almeno un milione di metri cubi di rifiuti indifferenziati
di Raffaele Sardo
Sono finiti a Ferrandelle i rifiuti scomparsi dalle città della Campania. Una località che si trova tra i comuni di Casal di Principe, Santa Maria La Fossa e Grazzanise. Sono tenuti sotto stretta sorveglianza in un’area completamente recintata di diversi ettari. Nessuno si può avvicinare più di tanto perché tutto il perimetro è stata dichiarato sito di interesse strategico nazionale e c’è una vigilanza molto attenta che allontana tutti quelli che cercano di guardare più da vicino.
Ieri notte una squadra di attivisti di Legambiente, guidati dal direttore dell’associazione ambientalista, Raffaele Del Giudice, sono arrivati sul posto per fare “un sopralluogo”. “Ci sono montagne di rifiuti ammassate senza alcun controllo sui possibili danni sanitari e ambientali – spiega Del Giudice – mentre continua ad arrivare quotidianamente la monnezza da ogni parte della Campania”. L’area dove sono depositati i rifiuti fu sequestrata al boss Francesco Schiavone, Sandokan, ed affidata al Consorzio Agrorinasce per farne una fattoria di prodotti tipici. Ma, nonostante l’avvio dei primi lavori per dare vita all’iniziativa, il terreno fu requisito in piena emergenza rifiuti.
I sindaci di Santa Maria La Fossa e Grazzanise, poco più di un anno fa, guidarono una clamorosa protesta alla testa delle popolazioni locali. Dopo un braccio di ferro con il Commissario per l’emergenza rifiuti, diedero il via libera alla costruzione di due piazzole che dovevano “ospitare” all’incirca 90 mila metri cubi di rifiuti. Ma in via temporanea e con l’impegno a bonificare il sito entro breve tempo. “Qui ce ne sono almeno un milione di metri cubi di rifiuti – spiega il professor Stefano Tonziello, di Legambiente – e continuano a crescere giorno dopo giorno, perché l’emergenza non è finita, ma è stata solo spostata dalle città.
Qui arrivano rifiuti “tal quale”, cioè senza essere selezionati a monte. E dunque non potranno mai essere bruciati nell’inceneritore di Acerra. Inceneritore che, peraltro, ora è in pieno collaudo e per vederlo operativo se ne parlerà almeno tra sei mesi.” Nell’area tutt’intorno vi sono caseifici, allevamenti di bufale, campi coltivati a foraggio, pescheti, ortaggi, fragole, irrigati con le falde acquifere inquinate. Poco più in là, vi sono almeno altre sei discariche. Qualcuna dismessa, ma non morta definitivamente. “Forse il vero miracolo di Berlusconi – aggiunge Tonziello – è quello di aver messo a tacere tutto e tutti. Qui, lasciatemi usare il paradosso, è tutto fuorilegge per legge. Se queste cose le avessero fatte i privati, si sarebbero aperte sicuramente le porte del carcere.
Tenere in questo modo i rifiuti è da criminali. Senza considerare che tra poco con l’arrivo della stagione calda, tutt’intorno l’aria sarà irrespirabile, ma ci sarà anche un pericolo sanitario immediato per la salute delle persone”. Non lontano da qui, a Santa Maria La Fossa, dovrebbe sorgere anche l’altro inceneritore previsto in Campania. Nei campi intorno a Ferrandelle, intanto, la vita scorre come sempre: I contadini sui trattori, gli immigrati nei campi a lavorare, il foraggio che cresce rigoglioso, il percolato che continua a scorrere nella falda acquifera e le montagne di rifiuti che continuano a crescere.
(12 maggio 2009)

martedì 9 giugno 2009

Senza vergogna


EJA EJA BRAMBILLA'

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Lecco, esplode il caso Brambilla
"Saluto fascista alla festa dell'Arma"

di Gianni Messa, La Repubblica Milano. (vedi qui il video)

La foto è stata pubblicata sul settimanale La Gazzetta di Lecco e ritrae il ministro del Turismo, Michela Brambilla, col braccio teso in quello che ha tutta l'aria di essere un saluto fascista. Lo scatto è stato realizzato durante la festa dell'Arma dei carabinieri, venerdì mattina a Lecco, e l'episodio è stato denunciato dal deputato Lucia Codurelli (Pd): il ministro "dopo l'inno nazionale si rivolge al pubblico col braccio teso del saluto fascista. Possibile che nessuno delle alte autorità presenti abbia fatto rilevare al ministro (che in quel momento rappresentava la Repubblica in una cerimonia ufficiale) che il saluto romano è un grave gesto di inequivocabile apologia di fascismo e quindi proibito dalla Costituzione?".
La parlamentare del centrosinistra cita anche un altro episodio analogo che sarebbe avvenuto il 29 maggio scorso a Varenna, in provincia di Lecco, "durante un raduno di persone in camicia nera" e che avrebbe avuto come protagonista lo stesso ministro Brambilla. Che replica così: "Questa sinistra fa proprio ridere. Non avendo argomenti politici, i nostri avversari si sono ridotti a misurare l’angolazione del mio gomito quando saluto i cittadini o a calcolare l’altezza delle mie braccia. Non credo ci sia bisogno di alcun commento anche perché la mia storia politica è limpida, anzi cristallina e ben nota a tutti (rivedi il video dovesse esserti sfuggito). Io preferisco parlare di fatti concreti, come il miliardo e 600 milioni di euro che siamo riusciti a mettere a disposizione delle imprese del turismo per sostenerle già in questa stagione estiva".
(l'ho trovato su Bananabis)

lunedì 8 giugno 2009

Un post banale...


Per ora siamo salvi, il Cavaliere Nero non sfonda, e abbiamo


UN SOLO VERO VINCITORE





Di Pietro


PDL                 35,0%
PD                   26,2%
Lega                 9,7%
IDV                  8,1%
UDC                 6,6%
PRC+PDCI       3,3%
SL                     3,2%
L’autonomia       2,2%

E insomma, banalità per banalità, lasciate che dica anche io le mie.
Punto primo, il grande fanfarone non solo non sfonda, ma regredisce un po’ rispetto alle politiche.
Vuoi vedere che è finita la luna di miele con l’elettorato?
Punto secondo, il PD è duro a morire. Se si pensa che al momento delle dimissioni di Veltroni era accreditato di un 23%, pare che lacura Franceschini funzioni (almeno, per un po’ non hanno litigato, è già qualcosa).
Punto terzo: sarà grazie al proporzionale, ma alle europee assistiamo a un ulteriore avanzata delle ali radicali: Lega da una parte, IDV dall’altra, mentre i neocomunisti tengono.

Fino a qui, i fatti.

Considerazioni.
Sul dato del PDL, c’è poco da stare allegri. Anche se non si è verificato l’irreparabile (non ha raggiunto la mortifera soglia del 40%), purtuttavia nonostante un anno di malgoverno, e nonostante il recente sputtanamento in mondovisione sull’onda della tettoculocrazia imperante, perde una percentuale ridicola. E non si sa a cosa attribuirlo: potrebbe essere semplicemente effetto congiunto del proporzionale da un lato (infatti si rafforza la Lega, probabilmente a spese sue), e dell’astensionismo dall’altro (molti suoi elettori, probabilmente, avrebbero votato in massa se ci fosse stato lo spauracchio di perdere le politiche). Quindi non illudiamoci: se è un segno di cambiamento di tendenza, è presto, molto presto per dirlo.

Sul PDL, il malato non è entrato in coma,  ma rimane in stato preagonico e gravemente defedato.  Si vedrà se il dr. Franceschini avrà successo. A proposito, adesso si apriranno le danze per la successione (Bersani incombe), o si comincerà a considerare una conferma di Darietto?

Sulla Lega: avanzata prevedibile e prevista, ma non fa sfracelli. Bossi fa bene a star cauto ed evitare peana trionfali. Probabile che abbia raccolto solo la fisiologica messe del proporzionale.

Su Di Pietro: nel caso suo l’avanzata è tale che non basta il proporzionale a spiegarla. Tradisce, è evidente, una gran voglia di urlare sul muso a tutti lo schifo del berlusconismo.
Con buona pace di chi anche a sinistra sostiene che non bisogna essere antiberlusconiani per “non fare il suo gioco”. Ma resta il fatto che, se non si ritorna a confezionare una offerta politica a un tempo socialdemocratica e cattolica ma laica, se non si affronta il tema della legalità con decisione e non solo a parole (e non solo quando si parla di Berluska, ma anche per la criminalità comune e organizzata), hanno buon gioco a destra a dire che si è uniti solo contro il bisunto.

Banale?
Si.

Massì, sdrammatiziamo!


Animazione Flash

mercoledì 3 giugno 2009

Riflessioni


DECALOGO DELL'UOMO PUBBLICO

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Carlo Federico Grosso, La Stampa, 03-06-2009

Di questi tempi sono di moda le «dieci domande». Ieri, Festa della Repubblica, e quindi delle pubbliche istituzioni, riflettendo sulla classe politica, un po’ sul serio, un po’ per gioco, mi sono domandato: quali potrebbero essere le dieci qualità morali che un uomo politico deve ancora oggi possedere, nonostante i grandi mutamenti del costume e del modo di pensare, affinché nei suoi confronti si possa dire: bravo, hai senso dello Stato. Sei pertanto, almeno sotto questo profilo, adatto a governare.

Nel procedere a questo piccolo decalogo delle pubbliche virtù, non c’è che l’imbarazzo della scelta. Al primo posto metterei il rigore nella gestione del pubblico denaro. Che di un uomo politico mai si possa dire, o anche soltanto pensare: sei un corrotto, hai peculato, concusso, abusato dei pubblici poteri. Lo afferma tuttora il codice penale, ipotizzando, quantomeno in linea di principio, pene rigorose in caso di violazione delle norme.

In seconda posizione collocherei il rispetto delle regole. Un uomo di Stato non può infrangere le leggi o cercare di aggirarle. Può proporre modifiche legislative, mutare la Costituzione nelle parti in cui essa è modificabile, cambiare, entro confini ragionevoli, i rapporti fra i poteri dello Stato. Nel perseguire i suoi obiettivi politici, egli deve tuttavia osservare rigorosamente, sempre, i principi costituzionali dello Stato di diritto.

Egli deve pertanto, innanzitutto, salvaguardare la divisione dei poteri: le prerogative sovrane del Parlamento, l’autonomia dell’ordine giudiziario, l’incisività e il prestigio degli organi di garanzia (Corte Costituzionale, Consiglio superiore della magistratura) ai quali è, rispettivamente, affidato il controllo sulla legittimità costituzionale delle leggi e la tutela dell’indipendenza della magistratura. Preservare, in altre parole, il sistema di pesi e contrappesi.

In ulteriore posizione collocherei lo stile di vita. Penso che, se non viola la legge, ciascuno di noi, nella sfera privata, sia libero di praticare vizi o virtù come gli pare. Un uomo pubblico deve tuttavia, quantomeno, apparire rigoroso: non deve dare scandalo, ostentare potere, esibire privilegi. Come uomo di Stato, egli deve essere, piuttosto, modello di equilibrio, saggezza, sobrietà, moderazione.

L’uomo politico che ha senso delle istituzioni non dovrebbe, d’altro canto, mai temere il controllo popolare: dato che ciò che lo concerne ha, pressoché sempre, un interesse pubblico, mai dovrebbe, dunque, cercare di nascondere le sue condotte, bloccare la pubblicazione di notizie, limitare la libertà dei giornalisti di dire e raccontare. Gli dovrebbe essere sufficiente il rispetto del diritto, sacrosanto, a non essere diffamato attraverso la pubblicazione di notizie false.

L’uomo di governo dovrebbe, soprattutto, operare, sempre e soltanto, nell’interesse della gente. Si parla, in questa prospettiva, di bene pubblico, di interesse collettivo, l’unico che nella gestione della «res pubblica» si dovrebbe perseguire. Si tratta, ovviamente, del profilo più importante, della sintesi di tutte le altre possibili virtù. In questa prospettiva, lo ha ribadito ieri l’altro il Presidente della Repubblica, la classe politica dovrebbe farsi carico, tutta insieme, dell’indispensabile ammodernamento dello Stato, per rendere le istituzioni pubbliche più snelle, efficienti, pronte nel rispondere, con i servizi, alle esigenze della gente.

Vi sono, poi, innumerevoli altri requisiti: ad esempio, l’uomo pubblico dovrebbe mostrare rispetto per le idee degli avversari, essere sempre educato e controllato nei dibattiti, non dovrebbe mentire a chi lo interroga su fatti pubblici o su fatti privati di pubblico interesse, dovrebbe rimuovere le situazioni di conflitto, per evitare che anche un solo cittadino sospetti che egli possa perseguire interessi privati nella gestione del potere.
Il decalogo potrebbe d’altronde continuare. Quanti di questi elementari pubblici doveri si riflettono peraltro sempre nel modo di fare quotidiano di ministri, sottosegretari, onorevoli di maggioranza e opposizione, presidenti regionali, sindaci e quant’altro? Lasciamo da parte il profilo dei comportamenti personali, e badiamo, piuttosto, ai programmi di legislatura: l’auspicio è che nessuna legge futura cancelli i principi cardine delle garanzie individuali e collettive, ribalti i poteri dello Stato, indebolisca il controllo sulla legalità dei comportamenti; nessuna legge crei sacche di mancata trasparenza, favorisca odiose impunità, circoscriva la libertà di stampa.
Nessuno, infine, tagli le radici sulle quali si è fondata, fino ad ora, la Repubblica italiana.