Visualizzazioni totali

sabato 25 luglio 2009

Finalmente...


biglietti-buone-vacanze-1-m
Questo blogger - Dati e Fatti - si rende irreperibile per una quindicina di giorni. Il blog rimane aperto.
Riempitevi l'ombelico di relax.

venerdì 17 luglio 2009

Semplicemente vergognoso



Durante la conferenza stampa sul discutissimo scudo fiscale, "l'On." Tremonti a microfono aperto, si lascia scappare un insulto al giornalista che gli aveva posto una domanda piuttosto consueta.
Animazione Flash

domenica 5 luglio 2009

Forse non tutto è perduto


EPPUR SI MUOVE

Impunito
Venerdì, rincasando, Datimoglie mi ha portato a casa questo volantino, che - mi ha detto -veniva distribuito da anonimi cittadini ai passanti, in Corso Vittorio Emanuele, davanti alla chiesa di S.Carlo.
Forse l'Italia ha ancora una opinione pubblica. Forse l'Italia si sta per destare. Forse non è del tutto ferma. Forse.

sabato 4 luglio 2009

Nato il 4 luglio


Dati e Fatti ha cinquant'anni

Stamattina  mi sono svegliato con mezzo secolo sul groppone.
Ricordo bene quando mio padre compì i suoi cinquanta, perché io ne avevo cinque, e per festeggiare lui non mi lasciarono vedere "Carosello".
Più tardi, quando conobbi quella che poi sarebbe divenuta mia moglie, la mia futura suocera aveva, appunto, cinquant'anni, e mi sembrava vecchia.
Ed oggi ho circa la stessa età della mia povera sorella. Mi alzo e vado in bagno. Mi guardo allo specchio.
Ecco, questo sono io. Capelli grigi, rughe assortite, il fisico che comincia ad appesantirsi un po', le gambe magre, il fiato nella corsa che non è più quello.
Tutto questo dovrebbe farmi impressione.
Ma penso che in fondo aveva ragione mia nonna, buon'anima.
Nonna Ida. Diceva sempre che non bisogna lamentarsi per l'invecchiamento, perché l'alternativa è la morte prematura.
Tutto sommato prevale l'orgoglio di esserci ancora, in buona salute e con tante cose da fare.
Berlusconi ha settantatrè anni. Se mi conservo sano, farò in tempo a vederlo uscire di scena, in un modo o nell'altro.
Guardo l'orologio. Le sei. E' sabato, fa già caldo e in camera c'è l'aria condizionata.
Posso anche tornarmene a letto.
Auguri.

giovedì 2 luglio 2009

Quello che non si fida di "certa giustizia"...


IL GIUDICE AMICO



GIUSTIZIA KOMUNISTA



Elisabetta Rubini, 02-07-2009

Sulla “abbagliante inopportunità” – come dice Ferrarella sul Corriere di oggi – della cena a casa del giudice costituzionale Luigi Mazzella, invitati Berlusconi e Alfano, nonché un secondo giudice costituzionale, Paolo Maria Napolitano, si è già detto molto.

Non abbastanza, invece, sulla abnormità dell’iniziativa presa dallo stesso Mazzella e consistita nel rendere pubblica una lettera indirizzata al “caro Silvio”, nella quale Mazzella rivendica quale suo diritto di libertà il fatto di invitare a cena – non per la prima né certo per l’ultima volta – il presidente del consiglio, sulla cui sottoposizione o meno a processo per gravi reati la Corte, della quale Mazzella è membro, dovrà pronunciarsi nei prossimi mesi.

Il “caro Silvio” viene definito, nella pubblica missiva di Mazzella, persona cara e amico stimato, mentre il mittente precisa che in casa sua non ci sono spioni e si premura di informare il destinatario che “molti miei attuali ed emeriti colleghi hanno sempre ricevuto nelle loro case alte personalità dello Stato e potrei fartene un elenco chilometrico”, per concludere con accuse di totalitarismo a carico di quei “grandi inquisitori” che “raccontano frottole a ignari lettori” per fini “non nobili”, tanto da essere definiti “barbari”.

Gli addebiti sono ovviamente diretti alla stampa, rea di aver diffuso la notizia della cena in questione. Ma il vero destinatario della lettera di Mazzella non sono né  Berlusconi, né la stampa “eversiva” (termine, quest’ultimo, introdotto dal “caro Silvio” per definire l’informazione non addomesticata).

Colpisce anzitutto, nel testo, la estrema informalità e veemenza del lessico: non è un giudice costituzionale che scrive ad un presidente del consiglio, è un amico che invoca il legame che lo unisce al suo sodale  e si scaglia contro i comuni nemici; totalmente assente è la consapevolezza dei ruoli pubblici di entrambi, inesistente qualsiasi sensibilità istituzionale.

Domina su tutto la pretesa di Mazzella di affermare la prevalenza del legame personale sulla responsabilità istituzionale: il giudice – e non uno qualsiasi, ma un componente  del massimo organo giurisdizionale del paese – nega apertamente che sia sbagliato intrattenersi amichevolmente con membri del governo, uno dei quali direttamente interessato da una decisione che la Corte dovrà assumere a breve.

Nella lettera in esame vi è una precisa sfida ed è perciò che è stata resa pubblica: vi è la chiara affermazione che l’imparzialità del giudice – quella stessa che ogni bambino individuerebbe subito, istintivamente come la sua caratteristica più importante e la fonte della sua legittimazione – non è invece che un ferro vecchio, un’ubbia di “barbari”. Al suo posto va collocata l’amicizia per il potente di turno, la “vecchia consuetudine” del rapporto personale.

E’ dunque la rivendicazione di voler considerare come superate  e infondate le preoccupazioni di chi chiede che i giudici non abbiano familiarità con i potenti, tantomeno se sottoposti al loro giudizio, ciò che sbalordisce nella missiva di Mazzella.  Ed è questa rivendicazione di una “nuova cultura” nell’ambito dei rapporti tra i giudici ed il potere che ne spiega il carattere pubblico.
Ma non solo: è ragionevole temere che il vero destinatario di questa iniziativa senza precedenti sia proprio la Corte Costituzionale, che viene messa di fronte alla necessità di reagire o di adeguarsi al nuovo stile. La lettera sollecita una quanto mai impropria “conta” all’interno della Corte, tra chi ritiene la condotta di Mazzella inaccettabile per un giudice costituzionale e chi – magari per malinteso quieto vivere – è disposto a subire. Quasi uno schieramento anticipato sul lodo Alfano.

Questo l'ho letto in giro, ma io mi sento di commentare: cosa ci scommettete, che tra poco sul Giornale, Libero, o La Padania, diranno che una volta Di Pietro incontrò per strada un mafioso, o che Fassino prese lo stesso taxi sul quale era salito tre giorni prima un dirigente Unipol?