Visualizzazioni totali

giovedì 9 dicembre 2010

Ancora sull'ideologia berlusconide


IL BERLUSCONISMO COME IDEOLOGIA/
/SBUGIARDARLI ALLE RADICI - 3


il grande dittatore chaplin


Affronterei ora i primi tre punti dell’ideologia berlusconide , e cioè:
1. “Meno stato, più mercato” è l’idea di fondo del liberismo, che però B. & C. vorrebbero portare a,lle estreme conseguenze con il cosiddetto principio di sussidiarietà: secondo il quale l’intervento statale è lecito solo ed esclusivamente laddove non arriva la mano del mercato a risolvere le questioni.
2. Il privato è sempre meglio del pubblico. La mano pubblica viene identificata come l’origine ed il ricettacolo di ogni nequizia: dalla corruzione all’inefficienza, dai cosiddetti “privilegi” alle infiltrazioni mafiose, eccetera eccetera.
3. L’idolatria dell’imprenditore e del manager: discende direttamente da (a) e (b), e pone al centro dell’azione politica l’uomo d’azienda, simbolo di azione, efficacia, decisionismo, efficienza, competenza. Ne derivano molte “parole d’ordine” , come la locuzione “l’azienda Italia” e l’idea che per risolvere l’inefficienza del settore pubblico occorra mettervi a capo dei manager.
Sul punto 1, non voglio annoiare il lettore su questioni da intenditori, tipo l’eredità di Ricardo, di Adamo Smith e di Keynes. Mi limito a poche riflessioni.
Anzitutto, l’assunto di fondo è che il mercato si autoregoli. Quante volte vi siete sentiti dire che se siamo un regime di concorrenza perfetta tutti se ne giovano? Spesso, vero? “Loro” vi spiegherebbero che in concorrenza perfetta le diverse aziende, per contendersi il favore dei clienti-consumatori, si farebbero in quattro: migliorando la qualità del prodotto e del servizio, ed abbassando i prezzi, proprio per battere la concorrenza.
La logica conseguenza sarebbe che il privato è sempre meglio del pubblico, che operando in regime di monopolio finisce con il disinteressarsi degli utenti-clienti per favorire i propri interessi clientelari e alimentare le sacche di corporativismo, con il solo scopo di mantenere dei parassiti.
Sarebbe tutto vero, se alla prova dei fatti non si fosse rivelato, sin troppe volte, una bufala grossa come una casa. Proprio nei settori di prima necessità (alimentari, energia, sanità, infrastrutture, edilizia, eccetera eccetera) ciò che si verifica quasi sempre è la formazione di cartelli in cui poche grandi aziende si spartiscono la torta, mantengono i prezzi alti e trattano il consumatore da suddito cretino propinandogli un sacco di fregature.
Basti pensare a come siamo trattati dalle banche, dalle assicurazioni, dalle compagnie petrolifere. Basti pensare a come si comportano le grandi multinazionali alimentari (una su tutte, la Monsanto), o a come agiscono le compagnie telefoniche, le grandi imprese di costruzioni. Non dimentichiamo che laddove c’è il corrotto (il politico, il pubblico) c’è anche chi corrompe (l’imprenditore, il privato).
Basti pensare allo sfacelo del territorio, delle risorse, dell’ambiente compiuto da tutte le industrie chimiche del mondo, private o pubbliche senza distinzione.
Basta pensare alla scuola. Sino a fine anni ’80 la nostra istruzione era ai livelli dei migliori paesi del mondo, oggi è in declino. Perché? Per il continuo dirottamento di risorse dal pubblico alle scuole private: che poi nella maggioranza dei casi sono di estrazione cattolica…
Basti pensare alla sanità italiana, che con tutte le sue magagne è ancora di gran lunga migliore rispetto per esempio a quella degli USA (che pure è interamente privata, almeno sino al 31 dicembre 2010). Sul fatto poi che il settore pubblico sarebbe il terreno di coltura ideale per le infiltrazioni mafiose nella società, viene da ridere: forse che i mafiosi non sono imprenditori PRIVATI?
Quanto al presunto monopolio statale, c’è un equivoco di fondo. Non è assolutamente scritto da nessuna parte che un’azienda statale, per il solo fatto di esistere, debba per forza operare in regime di monopolio. Così come non è affatto detto che un settore ad imprenditoria privata non possa conoscere le storture, se non del monopolio, quanto meno dell’oligopolio.
Per finire con l’idolatria dell’imprenditore e del manager: certo, non di rado le aziende private sono economicamente più efficienti di quelle pubbliche. Grazie tante, sono organizzazioni a fini di lucro. E’ logico che le aziende private, se sopravvivono, lo fanno perché hanno i conti in attivo. Mentre quelle pubbliche, non avendo il lucro come scopo, spesso vanno “in rosso” e i loro debiti devono essere ripianati dalla collettività. Grazie tante, ma nel frattempo non si considera mai che sono in rosso anche perché hanno offerto servizio pubblico a prezzi – diciamo così – popolari, redistribuendo di fatto del reddito.
Ma per tornare all’imprenditore e quindi al manager che ne cura gli affari, quello che nessuno diceva mai – e che invece sommessamente molti economisti cominciano a dire – è che la sua efficienza è sempre e solo, prioritariamente, pro domo sua, non certo in favore della comunità. Non c’è alcuna prova che un imprenditore di successo, arrivato al potere, metta la propria efficienza al servizio del bene comune. Assai più probabile che faccia proprio il contrario, ponendo il proprio potere al servizio dei propri interessi.
Non parlo solo di Berlusconi (sarebbe sin troppo ovvio), ma anche della famiglia Bush, che ha scatenato guerre planetarie e alimentato porcherie d’ogni genere pur di favorire i propri affari petroliferi.
La sanità pubblica sarà pure inefficiente, ma scandali come quello della Casa di Cura Santa Rita sono privati.
Sia chiaro, queste mie righe non vogliono essere una apologia del comunismo, i cui disastri sono sotto gli occhi di tutti; sto solo dicendo che da qui, a sostenere che siccome il capitalismo non ha alternative, allora bisogna consentire che il capitalismo si sviluppi nel modo più sregolato e selvaggio possibile, ce ne corre.
In altre parole, non è tanto una questione di assetto (totalmente o parzialmente privato), quanto di etica pubblica. E questa, l’etica pubblica, non può prescindere da due cose: l’educazione civica e regole da far rispettare agli attori del mercato.
Proprio le due cose, signori miei, che Berlusconi ha cercato di distruggere con tutto il proprio impegno.