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lunedì 26 marzo 2012

Di nuovo sull'art. 18


ARIDANGHETE!
MA SO' FISSATI!*


Adesso si parla, a proposito dell’art. 18, del “licenziamento per ragioni economiche”.
Tradotto: è legittimo licenziare qualcuno perché non si ha più lavoro per lui, oppure perché il suo operare è – per vari motivi, compresa la sua eventuale fannullaggine – diseconomico.

Sai che scoperta: era legittimo anche prima. Si chiamava licenziamento per “giustificato motivo oggettivo”.
E allora, si dirà, dove sta la novità?

La novità sta nel fatto che ora, diversamente da prima, se il licenziamento economico viene dichiarato illegittimo la sanzione per il datore di lavoro è più leggera: un risarcimento (assai più congruo di prima: fino a 27 mensilità), anziché il reintegro.

Se le cose stanno così, se ne può parlare. Ma non si capisce tutto ‘sto can can: soprattuto per un provvedimento che avrà sull'occupazione gli stessi effetti che può avere un cubetto di ghiaccio sul riscaldamento globale. Non si capisce, né perché  il governo ci si attacchi tanto, né perché la CGIL si opponga con tale fermezza e pervicacia.
Risposta n.1: il governo deve dare un contentino ideologico al PDL, da spendere in termini di propaganda elettorale. La CGIL deve poter dire che si è eroicamente opposta.
Risposta n.2: perché per il governo è più facile fare così che affrontar davvero il nodo dell'occupazione; o della mafia; o della corruzione, per dire. E per la CGIL è più facile far bella figura con i propri iscritti mettendosi di traverso su una norma irrilevante, piuttosto che fare casino davvero su cose che contano (che so io? La lotta all'evasione, per esempio).

Ora la misura passerà al vaglio del Parlamento, e voglio proprio vedere cosa ne uscirà. Non vorrei che, tra le pieghe dei vari emendamenti, ce ne infilassero qualcuno che rende più difficile impugnare il licenziamento.

Stiamo a vedere.

*Lo so che l'ho scritto in romanesco, io milanese D.O.C.: ma quando ci vuole ci vuole (quanno ce vò, ce vò).

lunedì 19 marzo 2012

Italia 1919-1994: una tentazione dura a morire

ALLARMANTE ATTUALITA'




Dal PNF (Partito Nazionale Fascista) al PDL. Da Benedetto XV a Benedetto XVI.
Historia magistra vitae.

sabato 17 marzo 2012

Da Silvio a Scajola a Rutelli: si allunga su di noi...


L'OMBRA DELLA TONTOCRAZIA


 

Tempo fa ebbi a scrivere che Berlusconi, affermando con eccessivo nervosismo di essere stato convinto che Ruby fosse la nipote di Mubarak, ci stava disperatamente chiedendo di crederlo tonto. Non fu da meno Scajola, il quale giunse a sostenere che qualcuno aveva osato regalargli un principesco appartamento con vista Colosseo, ma – per carità! – a sua insaputa; ebbe anzi l’ardire di soggiungere che se avesse avuto le prove del misfatto avrebbe denunciato il reo, ed a udire questa battuta fui davvero tentato di credere, per un attimo, che Scajola fosse tonto come fingeva di essere.

Meglio tonto che criminale, d’accordo: ma non mi sento molto tranquillo a lasciare i destini della Patria nelle mani di uno che riesce a farsi fare fesso da una diciassettenne che cerca maldestramente di inventare una scusa puerile. 
Meglio tonto che corrotto, ma se penso che Scajola era all’epoca ministro dello sviluppo economico, e non sapeva accorgersi che il suo patrimonio aumentava vertiginosamente, beh, lo trovo inquietante.  Rimane comunque da chiedersi se si considerasse ministro del nostro o del suo, di sviluppo economico.

Del resto, si sa che, a partire da Bertoldo, l’arte di fingersi appunto tonti per non pagare il dazio è da sempre diffusa in Italia; solo che una volta era l’unica difesa del popolo inerme di fronte ai potenti; oggi il potente la reclama per sé e per sé solo. La faccia da scemo rischia di diventare uno status symbol degli oligarchi, come l’auto blu, la scorta, il titolo di onorevole e l’avviso di garanzia.
A quanto pare Rutelli non fa eccezione. Nel caso degli ammanchi del suo tesoriere Lusi, egli sostiene – sprezzante del pericolo – di non essersi mai avveduto, poverino, che decine di milioni di euro transitavano beati e indisturbati dalle tasche del suo partito a quelle del tesoriere.

No, dico, e noi a gente così dovremmo dare in mano i destini del Paese?  Penso che troppi, tra i  nostri politici si disinteressino totalmente di quanto non riescono a rubare.  A giudicare dalla loro apparente intelligenza, questo loro disinteresse è quasi rassicurante.

sabato 10 marzo 2012

Un odore strano

IL PROCESSO DELL'UTRI AL MACERO


Il fatto: la Corte di Cassazione ha dichiarato nullo il processo d'appello, nel quale l'imputato Dell'Utri Marcello era stato condannato a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa. Il processo andrà rifatto, ma la prescrizione scadrà nel 2014. Le probabilità che non si giunga quindi al solito proscioglimento per prescrizione sono  praticamente nulle. 

Cosa non sorprende: In punto di diritto, la Suprema Corte non ha fatto che accogliere la richiesta dell'accusa nella persona del pg Iacoviello, secondo il quale in secondo grado non è stata considerato a dovere che  i ripetuti, continuati e comprovati contatti con boss mafiosi - da Vittorio Mangano a Gaetano Grado, Mimmo Teresi a Antonio Virgilio, da Salvatore Enea a Jimmy Fauci a Francesco Paolo Alamia non sono reati in sé (prendere un caffè, o essere invitati a cena da loro non sono comportamenti sanzionati dal Codice Penale). Ci volevano le prove che in quei nobili consessi si parlasse di mafia, favori, appalti, droga, appoggi politici, e non so che altro. E purtroppo la mafia non è adusa verbalizzare le sue riunioni né tantomeno porre tali verbali a disposizione degli inquirenti. Ora, l'espressione "concorso esterno in associazione mafiosa" indica "una forma di manifestazione del reato di associazione per delinquere di tipo mafioso, previsto e punito dall'art. 416-bis del codice penale italiano. Il manifestarsi del concorso esterno si realizza con l'apporto di un contributo effettivo al perseguimento degli scopi illeciti di un'associazione di tipo mafioso senza però prender parte al sodalizio mafioso. (...) " (Wikipedia) 
Quindi, non disponendo di prove certe, si è ritenuto che in appello si sia omesso di far valere la presunzione di innocenza ai fini penali, e di conseguenza il processo - dice la Corte di Cassazione - andrà rifatto. 
In punto di diritto, si può condividere o meno, ma è oggettivamente una tesi che si può sostenere. 

Cosa sorprende (e puzza un po'): Sorprende che il processo sia stato assegnato al giudice Aldo Grassi, noto alle cronache per il suo legame con il famigerato giudice Corrado Carnevale, detto "ammazzasentenze". Sorprende che sia stata l'accusa, nella persona di Iacoviello, a sostenere una tesi sostenibile - ma che fa solo gli interessi della difesa - con toni che sanno più di arringa che di requisitoria, spingendosi fino a criticare l'esistenza stessa della fattispecie di reato, asserendo che al reato di concorso esterno in associazione mafiosa "oggi non crede più nessuno". 
Puzza un po' che tutto questo avvenga quasi contemporaneamente al proscioglimento di Berlusconi nel processo Mills, dove  la sentenza, guarda caso, è giunta con una settimana di ritardo rispetto alla scadenza della prescrizione. Puzza che tutto questo avvenga dopo i molti segnali che Berlusconi ha mandato al governo. Puzza che il trattamento verso Dell'Utri sia improvvisamente cambiato proprio adesso che B. non è più al potere.


Detto questo: Ora ricominceranno a starnazzare sull'innocenza, anzi la santità di Dell'Utri, sulla persecuzione di lui e di Berlusconi, adducendo anzi come prova proprio l'arringa (perché non si può parlare di requisitoria) dell'accusa. Fingendo di non sapere che la Cassazione può pronunciarsi solo sulla correttezza dei gradi precedenti del processo, e non sul merito (i.e. sulla valutazione delle prove e della loro gravità).


sabato 3 marzo 2012

Avanti il prossimo.


E DOPO BENITO E SILVIO...?


Un raduno di Balilla


Boh, sarà che a quasi  53 anni comincio ad avere la sensazione (ahi ahi…) di aver già visto tutto.
Ma sta di fatto che in questo periodo mi sembra di essere in qualche modo tornato al ’91-’92. Massì, dài, mi riferisco a quel diffuso sentimento di incazzatura, di disillusione, che derivava dallo spettacolo indecoroso della politica sul finire della Prima Repubblica.  Qualunquismo a tonnellate (per la serie: “è tutto un magna magna, son tutti uguali” - oggi lo chiamerei “tuttugualismo”).

Ma anche la speranza. Allora essa era riposta dai più (e da me tra loro) nell’opera meritoria e donchisciottesca della Magistratura (“Di Pietro facci sognare”). Oggi nella ritrovata serietà di un governo di cui si può lecitamente dire di tutto, meno che non sia – finalmente – un governo normale, degno di stare alla pari con quelli degli altri Paesi europei e non solo.

E allora?
E allora niente, insieme alla speranza – vuoi vedere che stavolta ci trasformiamo in un Paese decente, dopo tutto l’Italia ha dato il meglio di sé nelle Ricostruzioni – insieme alla speranza, dicevo, ho paura.
Si, perché dalle macerie della Prima Repubblica sorse, anziché un’Italia più onesta, il potere del Cavaliere Nero, che devastò per quasi vent’anni il mio Paese con attentati alla Costituzione e ai diritti civili, con lo sdoganamento del peggiore razzismo e del più becero neofascismo, con una politica economica folle e classista, ma anche con una politica estera da barzelletta. Un potere che non so se passerà alla Storia più per il malaffare, peggiore persino che con Craxi e Andreotti, o per la sua incapacità ed inettitudine (e su questo, ahimé, non c’è confronto se non, forse, nel regime fascista).

Proprio come era già avvenuto nel periodo ’19-’22 (e chi ha studiato la Storia non ha bisogno di spiegazioni).
Mi viene da chiedermi, con angoscia crescente, a chi adesso toccherà raccogliere il testimone di Benito e Silvio. Ci toccherà il solito dittatorucolo da strapazzo? O il solito ladro matricolato? O ancora, il solito cialtrone incapace ma bravissimo a incantare le masse? O un concentrato di tutte e tre le cose, come è successo con il bungabunghista di Arcore?

Poi penso che però la temperie storica è diversa.  Forse la borghesia italiana, il Vaticano, gli USA, i poteri forti, hanno capito che è meglio un Monti, per i loro interessi, che un Berlusconi.
Berlusconi, mi dico, non è più al potere (ne ha ancora, di potere, ma una cosa è avere potere e un’altra è essere al potere, non so se mi spiego): ma non ha ancora lasciato la scena politica, e con lui nemmeno l’altro cialtrone, Bossi. Questo rappresenta un bel “tappo” elettorale, visto che messi insieme rappresentano ancora un terzo dei voti… E quindi non c’è spazio, per ora, né per qualcosa di peggio (???) né per qualcosa di uguale ma apparentemente diverso.

Forse non mi resta che augurare alla Lega, e al PDL un lunga, lunghissima agonia.
Magari, nel frattempo, si diventa davvero un Paese normale. Forza Italia.