FINE DI UN MITO
1. Una delle mie speranze è stata, da una ventina d’anni, di
campare abbastanza a lungo da assistere alla fine politica di Berlusconi e del
berlusconismo, da una parte, e di Bossi e del leghismo dall’altra.
Figuriamoci se adesso non mi rallegri: non perché anche
nella Lega ci siano i soliti ladri e corrotti (lo si sapeva da un pezzo, solo
non era emerso da un’indagine di questa portata), ma perché finalmente la cosa
è emersa agli occhi dell’opinione pubblica. E’ la fine del mito della Lega
degli onesti che si contrappone alla Roma ladrona e corrotta. La fine del mito
razzista della presunta superiorità morale antropologicamente fondata della “gente
padana”, onesta e lavoratrice ma che evade le tasse per sedicente legittima
difesa.
Non provo quindi nessuna simpatia per quest’uomo, e nessuna
fiducia nella sua presunta onestà.
Ma non posso fare a meno di pensare che dopo la sua
menomazione sia stato mantenuto artificialmente in vita dal punto di vista
politico dalla cricca che lo circondava, un po’ come accadeva ai segretari del
PCUS (chi si ricorda il Breznev degli ultimi anni, ormai incapace di reggersi
in piedi e probabilmente anche di intendere e volere, ma sempre presente nell’iconografia
ufficiale?).
Adesso, tradito da una famiglia che si è approfittata un po’
troppo del suo lassismo morale e della sua fiducia, si dimette, con un gesto di
innegabile dignità e con la solita astuzia politica, nella speranza che ciò
riduca i danni sul piano elettorale – il 6 maggio è ormai alle porte.
Sotto sotto, è possibile che covi la speranza di continuare
a comandare lui – del resto lo hanno prontamente eletto presidente onorario
della Lega, per acclamazione. Come Silvio.
Dietro a due astri al tramonto, o forse già tramontati,
ribollono le lotte intestine per la successione in due partiti che, orfani
delle loro leadership storiche, sono in piena crisi d’identità.
C’è da sperare che quello che nascerà dalle macerie della
vecchia Lega, e da quelle del vecchio PDL, sia più pulito, meno becero, e
soprattutto più civile, non più incline ad ascoltare le sirene dell’eversione
populista.
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