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martedì 26 febbraio 2008

Stragi mafiose: giustizia non è fatta


Archiviazione è fatta, si chiude bottega senza neanche arrivare al processo: dietro la stagione bombarola di Cosa Nostra nel '93 ci sono solo i soliti noti, ossia i boss peracottari ed i loro scherani. Seicento faldoni, centinaia di migliaia di pagine, migliaia di testimonianze, riscontri, acquisizioni, decine di migliaia di ore passate a leggere documenti, ripassarsi i codici, pensare alle migliori strategie da adottare, ai crimini da imputare o da derubricare.
Una terribile domanda però, la più importante, non trova risposta:

Dietro la politica stragista inaugurata e portata avanti da Riina (con perplessità e prese di distanza nell'organizzazione), c'erano personalità occulte?
Quello dei mandanti occulti, o a volto coperto o così è se vi pare, è un teorema strampalato di qualche magistrato, oppure un'ipotesi sensata?

Affascinante, meglio del solito 007...

Uomini potenti troppo astuti per essere compromessi da carte (fatture, pizzini, documenti regolari) o documenti "imparziali" (magnetofoni, registratori ecc.) e troppo pericolosi per essere messi in mezzo persino dai massimi capimafia, collaboratori di giustizia o meno.

Il magistrato, al pari dello storico, anzi con maggiore attenzione di esso (il giudice influisce sulla realtà contingente, lo storico no) deve basarsi sui fatti e su ipotesi comprobate da circostanze ed elementi coincidenti; se questi non emergono in modo chiaro e secondo i paletti e parametri previsti dalle leggi, deve fare un passo indietro.

E' sacrosanto che sia così, come icasticamente spiegato dal sostituto procuratore Giuseppe Nicolosi: «Il materiale che abbiamo raccolto è imponente ma abbiamo deciso di chiudere: non potevamo confondere quello che abbiamo capito con quello che avremmo potuto dimostrare in un dibattimento».

L'uomo di legge per un attimo ha lasciato emergere il cittadino furioso.
Una sintesi delle pagine va ancora fatta da giornalisti e storici.

Ma rimane il dubbio, tanto forte da diventare certezza indimostrabile.
Ma perché diavolo Totò u' Curtu e Brusca u' Scannacristiani e Bagarella avrebbero dovuto mettersi a piazzare bombe da tutte le parti?
Perché una organizzazione così fredda e razionale avrebbe dovuto impegnare tante energie in un momento in cui mai era stata così debole e mai era così desiderosa di prestigio?

Domande che forse troveranno una risposta se, come dice Pietro Grasso, Procuratore nazionale anti mafia, emergeranno nuovi elementi tali da riattivare la macchina della giustizia.
Parole ottimistiche e giuridicamente ineccepibili, ma il pessimismo è d'obbligo.
Troppi interessi messi in gioco, troppe scosse sismiche se venissero fuori certi fatti e soprattutto certi nomi.
La verità processuale e la giustizia che ai familiari delle vittime ed al popolo italiano tutto spettano sono negate.
Non dai magistrati, ma da dei bastardi senza cuore né dignità che rimarranno senza sanzione (giudiziaria e storica) né nome.

(Pensato dal coblogger MattBeck)

lunedì 25 febbraio 2008

ThyssenKrupp Torino


In un paese dove la giustizia latita più dei ventennali latitanti
Dove “ per direttissima” sembra essere una nuova edizione di “Un giorno in Pretura” e pedofili condannati tornano ad insegnare, quella che dovrebbe essere una prassi regolare diventa una grande vittoria.
Il giudice Guariniello ha chiuso l’inchiesta sul rogo alla ThyssenKrupp, dopo due mesi e diciannove giorni.
Quasi 200 mila fogli riuniti in 170 faldoni.
Sei indagati.

I reati contestati sono per tutti l'omissione dolosa aggravata di cautele anti infortunistiche, mentre al solo Espenhahn, amministratore delegato in Italia, è stato contestato l'omicidio con dolo eventuale e incendio con dolo eventuale.
Si tratta in breve della contestazione di omicidio volontario, che risulta essere usato per la prima volta nell'ambito di un'inchiesta per morti sul lavoro.
Agli altri cinque viene invece contestato il reato di omicidio colposo e incendio colposo, entrambi con colpa cosciente.
E' una giusta risposta a un'istanza di giustizia che ci è stata fatta dal paese", ha detto il giudice Guariniello, ringraziando l'apporto di tutte le persone che hanno collaborato al lavoro "immane" e sottolineando come il risultato sia stata ottenuto in tempi così brevi grazie alla grande organizzazione del lavoro che esiste nella procura di Torino.
Così riferisce la Reuters.

La strada è ancora lunga per avere giustizia, ancora si continua a morire di lavoro.

Ma che l’inferno che hanno sentito sulla pelle sette ragazzi,l’agonia,il dolore dei parenti, degli amici, possa diventare giustizia.
Che queste morti atroci, che questi figli, padri, mariti che non torneranno più possano essere gli artefici di un po’ di giustizia.

Più che pensato da Sabry scritto con fatica e doloroso ricordo.

(Pensato dalla coblogger Sabry65)

sabato 23 febbraio 2008

Donne in Italia: quante battaglie da fare


Diciamoci la verità.

L’Italia è un Paese provinciale amante del conservatorismo.

Il modo in cui vengono trattati i riformisti (da Mazzini a Gioberti a Salvemini ai Radicali; non parliamo dei marxisti…) è sempre lo stesso: siete una minaccia alla pubblica convivenza ed al giusto sentire.

Ed è la verità: una minaccia ad una società dove vigono la doppia morale (pubbliche virtù e vizi privati), il razzismo inconsapevole, l’indifferenza al sentire delle altre persone, perché tanto, nel cattolicesimo tridentino, è l’opera che conta, non il sentimento che ti spinge a farla.

Una delle caratteristiche più negative sociologicamente della società italiana (e non solo ) è il patriarcato, una società dove il maschio comanda e dove la donna esercita potestà solo in quanto concessa dall’uomo.

Il fatto che per legge solo fino all’altro giorno non esistesse lo stupro nel letto matrimoniale, in quanto la donna era obbligata a sottostare al desiderio del marito di avere una discendenza (possibilmente maschile) e che ancora adesso raramente i giudici condannino gli stupri nella cerchia familiare (dove avvengono la maggior parte di questo orrendo crimine), la dice lunga su quanto la nostra società sia gretta, ignorante, maschilista.

Anche per colpa di quelle donne che purtroppo hanno assimilato una mentalità patriarcale.

E che passano il tempo ad attaccare il movimento femminista del ‘68, che ovviamente ebbe i suoi eccessi e difetti (come qualunque movimento politico), ma che fu oggettivamente motore di cambiamenti positivi di cui anche le loro smemorate detrattrici usufruiscono.

Questa inchiesta dell’Espresso mostra l’ampiezza e la vastità di ambiti dove il patriarcato, fenomeno sociale e psicologico, mostra i suoi effetti più negativi.

(Pensato dal coblogger MattBeck)

giovedì 21 febbraio 2008

Operazione "pulizia" nel PDL (?)


Trasmettiamo ora, per la serie:
"VORREI MA NON POSSO"
l'ultimo scimmiottamento di Berlusconi verso il PD.

berlusconi se la ride

Bondi: "Divieto candidature non vale per procedimenti politici"
Il coordinatore nazionale di Forza Italia, Sandro Bondi, ha scritto ai coordinatori regionali per illustrare i criteri nella formazione delle liste. Il Pdl, spiega Bondi, intende "riconfermare in linea di massima i parlamentari uscenti", valutando però "il numero delle legislature ricoperte, il loro radicamento territoriale, l'impegno profuso a favore del partito" con l'obiettivo, prosegue la missiva, "di favorire un necessario e naturale ricambio con particolare attenzione alle donne ed ai giovani". Il coordinatore apre poi il capitolo delle esclusioni per procedimenti penali in corso, chiarendo che il criterio non vale però per "quelli che, come sappiamo, hanno un'origine di carattere politico".
Commento: "Ah ecco: mi pareva..."

mercoledì 13 febbraio 2008

Guantanamo


Il Pentagono chiede sei condanne a morte. Sarà il un tribunale militare a decidere.

Omicidio e crimini di guerra, questa l’accusa per sei “presunti” terroristi islamici coinvolti negli attacchi alle Torri Gemelle.

”L’incriminazione e la conseguente richiesta di condanna fanno riferimento a un piano preparato nel corso di anni in ogni minimo dettaglio con il quale l’organizzazione terroristica di Al Qaeda mirava a colpire gli Stati Uniti”, spiega il generale Thomas W. Hartmann, consulente legale della Corte.
La decisione è destinata a sollevare pesanti critiche da parte della comunità internazionale, anche per l’uso delle tecniche di interrogatori, che rasentano il limite della tortura, usate dagli agenti della CIA.


Tra queste il “waterboarding”, una specie di annegamento controllato, che secondo alcune rivelazioni sarebbe stato usato negli interrogatori e questo potrebbe avere un peso nel processo.
Il generale Hartmann ha spiegato che toccherà ad un giudice militare stabilire quali prove ammettere al processo, che si svolgerà in un struttura creata a Guantanamo chiamata “Campo di Giustizia”.

Per Benjamin Wittes, direttore del dipartimento di diritto e giurisprudenza dell’osservatorio politico “Brooking Institutions, nonché editorialista di “New Republic”, l’ammissione agli atti processuali delle prove e delle loro fonti anche se riservate, è obbligatorio anche per il tribunale militare di Guantanamo nel caso sia decisiva per la formulazione del giudizio finale sui detenuti sospettati di terrorismo.
I primi detenuti nel carcere di Guantanamo arrivarono l’11 febbraio 2002, con le mani legate e i piedi incatenati.
Nel 2005 i detenuti protestarono con uno sciopero della fame, contro la perdurante mancanza di accesso a una corte indipendente e le dure condizioni di detenzione, mentre nel 2006 una sentenza della Corte Suprema degli Stati Uniti stabiliva che la Convenzione di Ginevra era stata violata.
Amnesty International ha dichiarato che l’annuncio fatto dal Pentagono, dell’incriminazione di sei detenuti “di alto valore” attualmente a Guantanamo Bay, solleva ancora ulteriori dubbi sulla condotta degli Usa nella “guerra al terrore”.
“Subito dopo i crimini contro l’umanità dell’11 settembre 2001, Amnesty International ha chiesto agli Usa di ricercare giustizia e sicurezza in un quadro di rispetto dei diritti umani e della legalità” – ha detto Rob Freer, ricercatore di Amnesty International sugli Usa. “Che l’Amministrazione statunitense abbia sistematicamente agito in un’altra direzione è dimostrato non solo dal trattamento inflitto ai sei detenuti per cinque e più anni, ma anche dalle commissioni militari di fronte alle quali dovranno comparire”.
Cinque dei sei uomini incriminati hanno trascorso più di tre anni in centri di detenzione segreti della Cia, situati in luoghi sconosciuti, prima di essere trasferiti a Guantánamo nel settembre 2006. Sono stati vittime di sparizione forzata – un crimine di diritto internazionale – e la stessa Cia ha confermato che almeno uno di essi, Khalid Sheikh Mohammed, è stato sottoposto alla tecnica waterboarding, o semiannegamento.
“Il waterboarding è una forma di tortura e la tortura è un crimine internazionale. Nessuno è stato chiamato a risponderne. L’impunità nell’ambito dei programmi Cia rimane un punto fermo della condotta degli Usa nella “guerra al terrore” – ha proseguito Freer.
Il sesto uomo incriminato, Mohamed al-Qahtani, ha subito torture e altri maltrattamenti a Guantánamo, alla fine del 2002. Nonostante sia stato tenuto incappucciato e nudo e sia stato sottoposto a umiliazioni sessuali e di altro genere, alla deprivazione sensoriale, a temperature estreme, a musica assordante e a rumore bianco, il Pentagono ha concluso che queste condizioni non costituiscono un trattamento inumano.
“Il Pentagono, insieme al presidente Bush, ha un’influenza predominante sull’operato delle commissioni militari” – ha sottolineato Freer. “In altre parole, questi tribunali al di sotto della norma sono privati dell’indipendenza da parte dello stesso organo esecutivo che li ha autorizzati e che ha condonato le sistematiche violazioni dei diritti umani commesse contro i sei detenuti”.
Amnesty International è fortemente preoccupata per il fatto che informazioni ottenute mediante la tortura o altri maltrattamenti saranno usate nei confronti dei sei detenuti. Questa è solo una delle manchevolezze di un meccanismo istituito al preciso scopo di ottenere condanne, sulla base di standard più bassi rispetto a quelli applicati dalle corti ordinarie. Nessun cittadino statunitense verrebbe mai processato dalle commissioni militari e ciò rende questi organi discriminatori, in violazione del diritto internazionale.
Guantánamo, già diventato un emblema di illegalità, può ora diventare la sede di esecuzioni al termine di procedimenti giudiziari che non rispettano gli standard internazionali sull’equità dei processi. Il governo statunitense sta cercando di ottenere la condanna a morte dei sei detenuti. Amnesty International, che si oppone alla pena di morte in ogni circostanza, ricorda che più della metà del mondo ha abolito la pena di morte nella legislazione o nella prassi.
“Solo poche settimane dopo il voto con cui l’Assemblea generale delle Nazioni Unite ha chiesto di porre fine alle esecuzioni, gli Usa agitano lo spettro della condanna a morte dopo processi fondamentalmente irregolari. La comunità internazionale deve incalzare gli Usa a rinunciare alle commissioni militari e a svolgere processi di fronte a giudici indipendenti e imparziali, senza ricorrere alla pena di morte” – ha concluso Freer.

www.chiudereguantanamo.it


(Pensato dalla coblogger Sabry65)

domenica 10 febbraio 2008

Cosa Nostra's connections


In questi giorni i media italiani (molto meno quelli americani, in parte anche per le primarie) hanno parlato di una maxi operazione italo-americana (nome in codice "Old Bridge") che ha stroncato una pericolosa intesa fra mafia americana e siciliana.
La più grande operazione dai tempi della Pizza Connection.
E' bastato questo perché la nostra stampa riprendesse il peana della lotta anti mafia, insistendo sul fatto che la mafia, dopo l'arresto di Provenzano e Lo Piccolo, ha i giorni contati, è un problema in via di soluzione. Memorabile (per la sua falsità offensiva) un articolo de La Repubblica, che parlava della fine del pizzo a Palermo dopo l'arresto del boss peracottaro Lo Piccolo.
Anche in questo caso, di fronte ad un'ottima notizia, alle informazioni ottimistiche ma ragionevoli e prudenti degli investigatori si sono sovrapposti gli articoli entusiastici delle "grandi firme" e le affermazioni roboanti di alcuni politici.

Una pur sì picciola rassegna stampa estera mostra che, ahinoi, Cosa Nostra americana ha subito l'ennesimo scacco, ma non è affatto morta né moribonda. E' una mafia in crisi: troppe indagini, troppi collaboratori di giustizia, troppa poca pazienza di costruire un potere sociale. Ma è anche una mafia dell'alta finanza, dei junk bonds, una mafia dei colletti bianchi che ha lasciato le strade a nuove mafie, più giovani ed aggressive.


Rassegna stampa americana Old Bridge

Cosa Nostra americana agli Americani, quella nostrana a noi.

La nostra come è? Una mafia peracottara dei Riina e dei Lo Piccolo, come ce la mostrano le fictions?
Oppure è una organizzazione bicefala che prende molti colpi, ma continua ad avere rapporti necessari ed inscindibili con importanti fette della classe dirigente siciliana?
Centinaia di processi (basati su fatti, riscontri e testimonianze attendibili) ci danno il quadro di un'organizzazione che non morirà mai, per quanti picciotti e pittoreschi boss si possano prendere, fino a quando non verrà attaccata con tutta la forza della legge (severa, ma equa) la sua alta protettrice, la società alta, elegante, ricca ed insospettabile.

Ma non per questo meno criminosa e moralmente spregevole dei Totò u' Curtu e dei Binnu u' Tratturi.

(Pensato dal coblogger MattBeck)

Storia di un giornale di partito e di una "bella famiglia come le altre",



Raccontata dal Direttore del Corriere d'Italia, Mauro Montanari

Il Ministro della Giustizia, Clemente Mastella e sua moglie Sandra Lonardo hanno due figli, Elio e Pellegrino. Pellegrino è sposato a sua volta con Alessia Camilleri. Una bella famiglia come le altre, ma con qualcosa in più. Per sapere cosa, partiamo dal partito di Clemente che, come i più informati sanno, si chiama Udeur. L’Udeurin quanto partito votato dall’1,4% degli italiani adultiha diritto ad un giornale finanziato con denaro pubblico. Si chiama "Il Campanile", con sede a Roma, in Largo Arenula 34. Il giornale tira circa cinquemila copiene distribuisce 1.500, che in realtà vanno quasi sempre buttate. Lo testimoniano al collega Marco Lillo dell’Espresso, che ha fatto un’inchiesta specifica, sia un edicolante di San Lorenzo in Lucina, a due passi dal parlamento, sia un’altro nei pressi di Largo Arenula. Dice ad esempio il primo: "Da anni ne ricevo qualche copia. Non ne ho mai venduta una, vanno tutte nella spazzatura!". A che serve allora -direte voi- un giorna-le come quello? Serve soprattutto a prendere contributi per la stampa. Ogni anno Il Campanile incassa un milione e 331mila euro. E che farà di tutti quei soldi, che una persona normale non vede in una vita in-tera di lavoro? insisterete ancora voi. Che fara?
Anzitutto l’editore, Clemente Mastella, farà un contratto robusto con un giornalista di grido, un giornalista con le palle, uno di quelli capace di dare una direzione vigorosa al giornale, un opinionista, insomma. E così ha fatto. Un contratto da 40mila euro all’anno. Sapete con chi? Con Mastella Clemente, iscritto regolarmente all’Ordine dei Giornalisti, opinionista e anche segretario del partito. Ma è sempre lui, penserete. Che c’entra? Se è bravo… non vogliamo mica fare discriminazioni antidemocratiche. Ma andiamo avanti.
Dunque, se si vuol fare del giornalismo serio, bisognerà essere presenti dove si svolgono i fatti, nel territorio, vicini alla gente. Quindi sarà necessario spendere qualcosa per i viaggi. Infatti Il Campanile ha speso, nel 2005, 98mila euro per viaggi aerei e trasferte. Hanno volato soprattutto Sandra Lonardo MastellaElio Mastella e Pellegrino Mastella, nell’ordine. Tra l’altro, Elio Mastella è appassionato di voli. Era quello che fu beccato mentre volava su un aereo di Stato al gran premio di Formula Uno di Monza, insieme al padre, Clemente Mastella, nella sua veste di amico del vicepresidente del Consiglio, Francesco Rutelli. Ed Elio Mastella, che ci faceva sull’aereo di Stato? L’esperto di pubbliche relazioni di Rutelli, quello ci faceva! Quindi, tornando al giornale. Le destinazioni. Dove andranno a fare il loro lavoro i collaboratori de Il Campanile? Gli ultimi biglietti d’aereo (con allegato soggiorno) l’editore li ha finanziati per Pellegrino Mastella e sua moglie Alessia Camilleri Mastella, che andavano a raggiungere papà e mamma a Cortina, alla festa sulla neve dell’Udeur. Siamo nell’aprile del 2006. Da allora -assicura l’editore- non ci sono più stati viaggi a carico del giornale. Forse anche perché è cominciata la curiosità del magistrato Luigi De Magistris, sostituto procuratore della Repubblica a Catanzaro, il quale, con le inchieste Poseidon e Why Not, si avvicinava ai conti de Il Campanile.
Ve lo ricordate il magistrato De Magistris? Quello a cui il ministro della Giustizia, Clemente Mastella, mandava tutti quei controlli, uno ogni settimana, fino a togliergli l’inchiesta? Ve lo ricordate? Bene, proprio lui!
Infine, un giornale tanto rappresentativo deve curare la propria immagine. Infatti Il Campanile ha speso 141mila euro per rappresentanza e 22mila euro per liberalità, che vuol dire regali ai conoscenti. Gli ordini sono andati tra gli altri alla Dolciaria Serio e al Torronificio del Casale, aziende di Summonte, il paese dei cognati del ministro: Antonietta Lonardo (sorella di Sandra) e suo marito, il deputato Udeur Pasquale Giuditta.
Ma torniamo un attimo agli spostamenti. La Porsche Cayenne (4000 di cilindrata) di proprietà di Pellegrino Mastella fa benzina per duemila euro al mese, cioè una volta e mezzo quello che guadagna un metalmeccanico. Sapete dove? Al distributore di San Giovanni di Ceppaloni, vicino a Benevento, che sta proprio dietro l’angolo della villa del Ministro, quella con il parco intorno e con la piscina a forma di cozza. E sapete a chi va il conto? Al giornale Il Campanile, che sta a Roma. Miracoli dell’ubiquità.
La prossima volta vi racconto la favola della compravendita della sede del giornale. A quanto è stata comprata dal vecchio proprietario, l’Inail, e a quanto è stata affittata all’editore, Clemente Mastella. Chi l’ha comprata, chiedete? Due giovani immobiliaristi d’assalto: Pellegrino ed Elio Mastella.

Mauro Montanari-Corriere d'Italia/News ITALIA PRESS




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(Pensato dalla coblogger Sabry65)

giovedì 7 febbraio 2008

Una vita da elettore


Si riaprono le danze, molto, ma molto costose...

Croce e delizia del rito democratico.......

(Pensato dal coblogger MattBeck)

Mi oppongo !!!


(visto e piaciuto sul blog dell'amica Harmonia, sempre preziosissima, che ringraziamo):

 
Tony Blair presidente dell'Unione Europea? No grazie. E' il messaggio di una petizione lanciata su Internet contro la candidatura dell'ex premier britannico alla presidenza stabile dell'Unione europea, una carica introdotta dal nuovo Trattato di Lisbona, che dovrebbe entrare in vigore a partire dal 1 gennaio 2009[... La Stampa, 6 febbraio 2008. qui ]
*

Stop Blair !

Petizione contro la nomina di Tony Blair come "Presidente dell'Unione Europea"

Noi, cittadini europei di ogni origine e appartenenza politica, desideriamo esprimere la nostra totale opposizione alla candidatura di Tony Blair alla presidenza dell'Unione europea. 
Il Trattato di Lisbona istituisce una nuova figura istituzionale: il presidente del consiglio dell'Unione europea eletto dal Consiglio con mandato di due anni e mezzo rinnovabile una sola volta. In base al trattato, il presidente "presiede e anima i lavori del Consiglio europeo;" e "assicura la preparazione e la continuità dei lavori del Consiglio europeo. Inoltre, "Il presidente del Consiglio europeo assicura, al suo livello e in tale veste, la rappresentanza esterna dell'Unione per le materie relative alla politica estera e di sicurezza comune."¹
Il futuro presidente avrà dunque un ruolo chiave nel determinare la politica dell'Unione e nei rapporti con il resto del mondo. La prima investitura avrà un peso simbolico maggiore, sia per i cittadini dell'Unione europea sia per l'immagine dell'Unione nel mondo. In tale prospettiva, crediamo che sia essenziale che il primo presidente incarni lo spirito e i valori del progetto europeo.
Da tempo voci insistenti esprimono il volere, in certi ambienti, di vedere Tony Blair scelto come primo presidente dell'Unione europea. Tale elezione, qualora dovesse accadere, sarebbe in totale contrasto con i valori professati nel progetto europeo.
In violazione della legge internazionaleTony Blair ha impegnato il suo paese nella guerra in Iraq, una guerra osteggiata dalla stragrande maggioranza dei cittadini europei. La guerra ha mietuto centinaia di migliaia di vittime e ha creato milioni di rifugiati. La guerra è stata una dei fattori principali della destabilizzazione del Medio Oriente e ha compromesso la sicurezza mondiale. Per portare il suo paese in guerra, Tony Blair ha fatto un uso sistematico di prove artefatte e della manipolazione dell'informazione. Il suo ruolo nella guerra in Iraq peserebbe negativamente sull'immagine dell'Unione nel mondo qualora fosse nominato presidente.
I passi presi dal governo di Tony Blair e la sua complicità con l'amministrazione Bush nel programma illegale delle "extraordinary renditions" (consegne straordinarie), ha portato a un declino senza precedenti delle libertà e dei diritti civili, palesemente in contrasto con le norme della Convenzione europea dei diritti dell'uomo che è parte integrante del trattato.
La Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea formalizza i valori fondanti del progetto europeo ed è uno dei pilastri del nuovo trattato. Tony Blair ha osteggiato la sua inclusione nel Trattato di Lisbona e ha strappato un'esenzione per il Regno Unito.
Invece di promuovere l'integrazione europea, l'ex primo ministro ha posto dei pesanti paletti durante le trattative a Lisbona², con l'intento di bloccare qualsiasi progresso su temi sociali e sull'armonizzazione fiscale nonché sulla difesa comune e la politica estera.
Inoltre appare insensato che il primo presidente dell'Unione europea sia stato in precedenza il capo di un governo che ha tenuto il suo paese fuori da due pilastri fondamentali della costruzione europea: la zona Schengen che regola il movimento libero dei popoli e l'Eurozone.
In un momento storico in cui una delle priorità delle istituzioni europee è di rinsaldare il contatto con i propri cittadini, ci pare essenziale che il presidente debba essere una personalità nella quale la maggioranza dei cittadini possa identificarsi, piuttosto che qualcuno inviso alla maggioranza degli europei³. Per tanto, dichiariamo la nostra netta opposizione a questa nomina.

  1. Trattato di Lisbona, modifiche del trattato sull'Unione europea Articolo 1, comma 16: è inserito articolo 9B, paragrafi 5 e 6. (2007/C 306/17, 18) ↑
  2. Blair sets out EU treaty demands, BBC, giugno 2007 ↑
  3. Tavola 6 del sondaggio FT/Harris, giugno 2007 ↑

Firmate la petizione!

Non dico di portarlo da un giudice in Europa. Ma premiarlo è davvero troppo!

domenica 3 febbraio 2008

Mediaset, patrimonio delle nostre tasche


"Mediaset, patrimonio del Paese..."
Also sprach D'Alema, nel pieno delle sue ben note facoltà mentali...
Beh, che dire, per una volta in vita sua Baffetto ci ha azzeccato in pieno.
Una recente sentenza della Corte Europea di Giustizia dichiara illegittimo l'utilizzo da parte di Rete 4 di alcune frequenze occupate abusivamente coll'ennesimo colpo di spugna da Sua Emittenza, autentico self-made man italico.


La prima cosa che balza agli occhi è l'ennesima umiliazione dell'Italia, che si manifesta come il campione dell'illegalità costituita, del pubblico sberleffo della legge, del rovesciamento di classe dello stato di diritto cui la valente coalizione di centro destra nostrana burlescamente si richiama.

Gioco facile, però.

A causa di una sinistra inqualificabile, per ignavia istituzionale: forse basterebbe stimolare il rispetto della legalità per i potenti, per riottenere un po' di fiducia e di voti.

Secondo ordine di considerazioni è la questione economica: una bella mazzata, come ben evidenzia un giornalista poco amato dal carrozzone fininvest-mediaset, per motivi insondabili...

"Intanto l’Europa, che ha aperto una procedura d’infrazione contro l’Italia per l’illegittimità della Gasparri, potrebbe presto condannare il nostro Paese a versare una multa di 400 mila euro al giorno. Risarcimento a Di Stefano ed eventuale multa saranno, ovviamente, a spese dei contribuenti.

Secondo l’infallibile pratica del “ridi e fotti”, per 15 anni il Cavaliere ha imposto al Parlamento gli affari suoi come affari di Stato. Mantenendo Rete4 sull’analogico terrestre, ha incamerato introiti pubblicitari da favola che non avrebbe mai visto se l’emittente fosse finita sul satellite. E ora chi paga i danni? Lo Stato. Cioè, pro quota, ciascun contribuente."

Cioè, paga Pantalone, cioè coloro che, tanto inc@zzati (anche a ragione) per una finanziaria volta ad evitare la bancarotta preparata dal governo Berlusconi (parola di Nouriel Roubini), dovranno pagare per un furto manifesto commesso da un privato.

Mediaset è proprio un patrimonio, ha ragione D'Alema; un patrimonio che costerà molto al popolo italiano.



PS Sulla ferale Cassandra vedi qui

(Pensato dal coblogger MattBeck)