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lunedì 7 marzo 2011

Hegel, Marx e gli alleati inconsapevoli di Berlusconi


PERCHE' TEMO I
GRILLO,  I BERTINOTTI
E I "TUTTUGUALISTI"
berlunotti



I vari interventi e il loro contrapporsi nei forum, intorno a Grillo e alla crisi della democrazia, mi fanno venire in mente una riflessione di Giovanni Sartori, che fece in epoca non sospetta (1992) nel suo bel saggio “democrazia: cosa è”, a proposito della pesante eredità hegeliana nel dibattito sulla democrazia.
Osserva Sartori acutamente che il cuore della filosofia hegeliana (“il reale è razionale”) venne interpretato in due modi tendenzialmente contrapposti dai pensatori che lo seguirono.
Il quesito è infatti: tra razionalità e realtà, chi è il cavallo, e chi il cavaliere?
Alcuni – che possiamo definire i realisti, quelli che poi avrebbero ingrossato le fila del liberalismo di destra – sostengono che il cavaliere è la realtà. La democrazia per costoro è imperfetta come ogni cosa umana, quindi è inutile dannarsi l’anima per renderla migliore. La disuguaglianza? C’è sempre stata, sempre ci sarà. L’egoismo? Idem. Il fatto che la democrazia rappresentativa è per forza di cose un governo dei pochi sui più (e non certo una democrazia perfetta, potere del popolo), è il meglio cui si possa ambire. E così via. Oltre a tutti i populisti di destra, che nemmeno sto qui a enumerare, ci sono stati anche dei padri nobili: Churchill per esempio, in Inghilterra, e Crispi da noi. Ma ci fu anche la Thatcher e Reagan, probabilmente Blair.
Altri – coloro che possiamo denominare idealisti, progressisti, o demo radicali, che confluirono nella sinistra o nella destra estrema – sostengono invece, sull’onda dell’interpretazione marxiana del pensiero di Hegel, che se la realtà è in contrasto con la razionalità, ebbene è la realtà che è sbagliata, e si deve fare qualunque cosa per cambiarla, rivoluzione compresa. Per costoro la democrazia non va mai abbastanza bene, non c’è mai abbastanza uguaglianza, l’opposizione non si oppone mai a sufficienza, anzi è serva, e il potere non è mai schiettamente democratico. Nell'Italia di oggi posso annoverare tra loro i Bertinotti, I Pecoraro Scanio, i Grillo, i sedicenti rottamatori (se sono in buona fede ma ne dubito).
Osserva Sartori che dar ragione a uno dei due schieramenti “e basta” è assai pericoloso.
Infatti, a dar retta ai realisti, s’imbocca la china dello svuotamento progressivo delle istituzioni democratiche e quindi si condanna la democrazia al declino nemmeno tanto lentamente.
A seguire gli altri, quelli che lui chiama “perfezionisti”, si finisce per non contentarsi mai, per fare la rivoluzione “a prescindere”, ed è proprio ciò che avvenne con il fascismo prima e che tenarono di replicare le BR poi.
Faccio un solo esempio.
Tutta la comunità scientifica (sociologi, politologi, costituzionalisti, storici, eccetera) convengono sul fatto che la democrazia rappresentativa:
a) non è sostituibile dalla democrazia diretta se non su piccolissima scala (il condominio, la città al massimo) e per breve tempo (es. la comune di Parigi).
b) non può esistere se non attraverso l’aggregazione delle opinioni per categorie in grandi contenitori di rappresentanza che sono i partiti (poco importa che si chiamino così o movimenti: quando si presentano alle elezioni sono di fatto la stessa cosa).
Sostenere come fa Grillo che per risolvere le cose in Italia basta uccidere i partiti significa minare la democrazia alla base, e fare un grossissimo favore a coloro che la vogliono svuotare dall’interno.

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