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domenica 29 ottobre 2006

Licenza di uccidere


Il caso:
Napoli: tabaccaio indagato per omicidio
Non più eccesso di difesa, ma omicidio volontario e lesioni aggravate:
 sono queste, per ora, le ipotesi di reato per le quali è iscritto nel registro degli indagati Santo Gulisano, il tabaccaio, ex poliziotto, che venerdì ha reagito a un tentativo di rapina uccidendo un malvivente e ferendone un altro. La procura attende che l'autopsia, nella giornata di lunedì, e la successiva analisi balistica accertino la dinamica dei fatti avvenuti a Crispano (Napoli): in base a questi elementi, l'accusa potrebbe essere modificata in eccesso colposo oppure rientrare nei casi previsti dalla recente normativa sulla legittima difesa.
Gulisano, proprietario della tabaccheria, ha sparato un colpo mortale per difendere il figlio, minacciato con una pistola puntata alla nuca da un pregiudicato, morto all' istante. Un passato in polizia, nel corpo dei falchi e della squadra mobile, ora in pensione, Gulisano è apparso profondamente scosso in seguito all'accaduto: «In 30 anni di attività come poliziotto - ha spiegato agli investigatori - non mi è mai capitato di sparare ad un uomo». Oltre a Gulisano, ascoltato nella scorsa notte per oltre tre ore, alla presenza dell'avvocato Luigi Ferrante, il pm Francesco Soviero, titolare dell'inchiesta, ha sentito anche tre testimoni oculari, che si trovavano nel locale al momento della rapina. Nei prossimi giorni verrà interrogato anche G.D.G., 16 anni, tuttora ricoverato al Cardarelli, dove è stato ricoverato per le ferite riportate alle braccia e al fianco. Il proprietario della tabaccheria ha premuto il grilletto due volte, uccidendo Amura, e ferendo successivamente il minorenne: secondo quanto sostenuto nei primi interrogatori, anche il ragazzo possedeva un'arma, che però non è stata trovata. Non si esclude che il giovane abbia avuto il tempo di disfarsene, uscendo dal locale.
Gulisano ha raccontato di aver temuto per la vita di suo figlio e di aver puntato la pistola per difenderlo. L'uomo ha perso un figlio di 31 anni tre anni fa, morto di infarto, probabilmente in seguito al trauma subito per l'incidente stradale in cui erano morti due amici. Al momento della rapina, Gulisano si trovava dietro al bancone, in una zona meno visibile del negozio, quando Amura, dopo aver dimostrato di essere in possesso di un'arma vera, sparando contro una vetrina, ha minacciato il figlio, dopo aver ottenuto 200 euro che però non gli erano bastati. Il malvivente infatti aveva intimato al giovane di «consegnare tutto», portandolo successivamente al centro della stanza e costringendolo ad inginocchiarsi, mirando prima alla bocca e poi alla nuca con una calibro 7,65. È a questo punto che è intervenuto il padre: non visto, Gulisano è riuscito a prendere una pistola riposta nel cassetto, nascondendola dietro il proprio corpo, e l'ha poi puntata contro Amura. Questione di pochi secondi, «l'impressione che l'uomo stesse per sparare», e un gesto di troppo che interferisce sul successivo drammatico fotogramma dell'azione: il complice di Amura - ha raccontato Gulisano nell' interrogatorio - tenta di spostare la pistola, sollevando con uno scatto il braccio del tabaccaio. Esito della manovra, il colpo mortale. Elemento da approfondire, per delineare la posizione del tabaccaio, il fatto che Golisano a questo punto non si sia fermato: sparando anche in direzione del minorenne, che ormai era in fuga.
Gulisano ha detto al pm di aver sparato per difendere il figlio, che aveva una pistola puntata alla nuca da Franco Amura, il rapinatore ucciso. È stato interrogato per oltre tre ore dal pm che ha anche ascoltato in qualità di testimoni tre persone che si trovavano nel locale al momento della rapina. «Non voleva uccidere: Gulisano ha sparato per difendere suo figlio, puntando agli arti inferiori del rapinatore - ha detto l'avvocato Luigi Ferrante, legale del negoziante -. Quando il complice si è reso conto dell'accaduto ha iniziato a indietreggiare, senza mai rivolgere le spalle al mio assistito, e con un'arma in pugno. Probabilmente a questo punto è partito l'altro colpo».
Corriere della sera

La legge
E’ stata definitivamente approvata la riforma sulla legge della legittima difesa.
Non sarà più punibile chi spara al ladro dentro casa, nel suo negozio, nell’ambito di un’attività professionale o imprenditoriale.Il provvedimento, costituito da un solo articolo, modifica l’articolo 52 del Codice penale, in materia di “difesa legittima”. L’articolo, in origine, prevedeva che «Non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di difendere un diritto proprio od altrui contro il pericolo attuale di una offesa ingiusta, sempre che la difesa sia proporzionata all’offesa». La nuova legge approvata definitivamente dalla Camera aggiunge due commi all’articolo 52. 

In caso di violazione di domicilio sussiste il rapporto di proporzione rispetto all’offesa se si utilizza un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere la propria o l’altrui incolumità, beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo di aggressione. La norma si applica anche se il fatto avviene nell’ambito di un’attività commerciale, professionale o imprenditoriale. Non sarà più punibile, dunque, chi si difende da un’aggressione sparando o colpendo il malvivente con un’arma da taglio, con un corpo contundente, a patto che vi sia pericolo d’aggressione e non vi sia desistenza da parte dell’intruso. Il provvedimento è stato approvato con 244 voti favorevoli e 175 contrari, fra l'esultanza dei leghisti. «Da oggi i delinquenti - dice il ministro della Giustizia Roberto Castelli - devono avere qualche timore in più e le brave persone, vittime delle aggressioni, qualche problema in meno. È stato finalmente sancito il principio per cui un aggressore e un aggredito non sono più sullo stesso piano. È stato riconosciuto il diritto dell'aggredito di difendersi».

 Il provvedimento è, invece, bocciato dall’Unione delle Camere penali. «Purtroppo è stata approvata un’altra legge ingiusta - dice Ettore Randazzo, presidente dell’Ucpi - che autorizza la legittima offesa». Drastico anche il giudizio di Giuliano Pisapia, capogruppo di Rifondazione comunista in commissione Giustizia. «Una norma incostituzionale - dice Pisapia - in quanto pone sullo stesso piano il bene della vita e dell’incolumità personale e beni di carattere patrimoniale. Un ulteriore vulnus alle regole di uno stato di diritto».
In che caso viene applicata questa legge?

(pubblicato dalla coblogger Sabry65)

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