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domenica 14 marzo 2010

Unità in difesa della democrazia


 ORA O MAI PIU' 



Berlusconi, Minzolini e Innocenzi persino nello Zimbabwe dovrebbero dimettersi


12-03-2010 Il Tar e l'inchiesta// Si è alzato il sipario, la scena ora è evidente a tutti anche ai più refrattari. Per la prima volta dalla caduta del regime fascista l'Italia repubblicana è in piena crisi: viviamo oggi in un regime totalitario che sta cancellando ogni spazio di libertà. La situazione può degenerare ulteriormente con il rischio di tensioni politiche non controllabili.
Le rivelazioni del quotidiano il Fatto sull'indaginedi Trani che, attraverso le intercettazioni telefoniche, svela le pressioni fatte da Silvio Berlusconi per chiudere Annozero, raccontano solo l'ultimo capitolo: il controllo esercitato dal premier sul Tg1 è di puro stampo autoritario. Se le rivelazioni del Fatto saranno confermate in tutta la loro gravità e il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, il direttore del Tg1 Augusto Minzolini e Giancarlo Innocenzi dell'Agicom saranno indagati, persino nello Zimbabwe sarebbero automatiche le loro dimissioni.
 
Telebavaglio, B. sotto inchiesta 
Antonio Massari
il Fatto
12-03-2010


Silvio Berlusconi voleva “chiudere” Annozero. Un membro dell'Agcom – dopo aver parlato con il premier - sollecitava esposti contro Michele Santoro. Il direttore del Tg1 Augusto Minzolini – al telefono con il capo del governo – annunciava d'aver preparato speciali da mandare in onda sui giudici politicizzati. E le loro telefonate sono finite in un fascicolo esplosivo. Berlusconi, Minzolini e il commissario dell'Agcom Giancarlo Innocenzi: sono stati intercettati per settimane dalla Guardia di Finanza di Bari, mentre discutevano della tv pubblica delle sue trasmissioni. E nel procedimento aperto dalla procura di Trani - per quanto risulta a Il Fatto Quotidiano – risulterebbero ora indagati. 


Lo scenario da “mani sulla Rai” vien fuori da un'inchiesta partita da lontano. L'indagine .-   condotta dal pm Michele Ruggiero – in origine riguardava alcune carte di credito della American Express. È stata una “banale” inchiesta sui tassi d'usura, partita oltre un anno fa, ad alzare il velo sui reali rapporti tra Berlusconi, il direttore generale della Rai Mauro Masi (che non risulta tra gli indagati), il direttore del Tg1 e l'Agcom. Quelle carte di credito, in gergo, le chiamavano “revolving card”. Sono marchiate American Express e, secondo l'ipotesi accusatoria, praticano tassi usurai sui debiti in mora. In altre parole: il cliente, che non restituisce il debito nei tempi previsti, rischia di pagare cifre altissime d'interessi. E così Ruggiero indaga. Per mesi e mesi. Sin dagli inizi del 2009.   Fino a quando una traccia lo porta su un'altra pista. Il pm e la polizia giudiziaria scoprono che qualcuno – probabilmente millantando – è certo di poter circoscrivere la portata dello scandalo: qualcuno avrebbe le conoscenze giuste, all'interno dell'Agcom, che è Garante anche per i consumatori. Qualcuno vanta – sempre millantando – di avere le chiavi giuste persino al Tg1: è convinto di poter bloccare i servizi giornalistici sull'argomento, intervendo sul suo direttore, Augusto Minzolini. Le telefonate s'intrecciano. I sospetti crescono. 


L'inchiesta fa un salto. E la sorte è bizzarra: Minzolini, il servizio sulle carte di credito revolving, lo manderà in onda. Ma nel frattempo, la Guardia di Finanza scopre la rete di rapporti che   gravano sull'Agcom e sulla Rai. Telefonata dopo telefonata si percepisce il peso di Berlusconi sulle loro condotte. Gli investigatori si accorgono che il presidente del Consiglio è ciclicamente in contatto con il direttore del Tg1. La procura ascolta in diretta le pressioni del premier sull'Agcom. Registra la fibrillazione per ogni puntata di Annozero. Sente in diretta le lamentele del premier: il cavaliere non ne può più. Vuole che Annozero e altri “pollai” - come pubblicamente li chiama lui - siano chiusi. E l'Agcom deve fare qualcosa. Berlusconi al telefono è esplicito: quando compulsa Innocenzi - che dovrebbe garantire lo Stato, in tema di comunicazione - parla di chiusura. E Innocenzi non soltanto lo asseconda. Ma cerca di trovare un modo: per sanzionare Santoro e la sua redazione servono degli esposti. E quindi: si cerca qualcuno che li firmi. I ruoli si capovolgono: è l'Agcom che cerca qualcuno disposto a firmare l'esposto contro Santoro. Innocenzi è persino disposto, in un caso, a fornire, all'avvocato di un politico, la consulenza dei propri funzionari. 


La catena si rovescia: un membro dell'Agcom (che svolge un ruolo pubblico), intende offrire le competenze dei propri funzionari (pagati con soldi pubblici), a vantaggio di un politico, per poter poi sanzionare Santoro (giornalista del servizio pubblico). In qualche caso   si cerca persino di compulsare, perchè presenti un esposto, un generale dei Carabinieri.
L’immagine di Berlusconi che emerge dall’indagine è quella di un capo di governo allergico a ogni forma di critica e libertà d’opinione. Si lamenta persino della presenza del direttore di Repubblica, Ezio Mauro, a Parla con me: Serena Dandini, peraltro, è recidiva. Ha da poco invitato, come sottolinea il premier, anche il fondatore di Repubblica, Eugenio Scalfari. Il   premier si scompone: nello studio della Dandini, due giornalisti (del calibro di Mauro e Scalfari), l'hanno attaccato. Chiede se - e come - l'Agcom possa intervenire. Innocenzi ci ragiona. Sopporta telefonate quotidiane. Berlusconi incalza Innocenzi, ripetutamente, fino al punto di dirgli che l'intera Agcom, visto che non riesce a fermare Santoro, dovrebbe dimettersi. Il premier intercettato dimostra di non distinguere   tra il ruolo dell'Agcom e il suo ruolo di capo del Governo. Pare che l'Autorità garante debba agire a sua personale garanzia. Gli sfugge anche che, l'Agcom, può intervenire   soltanto dopo, la trasmissione di Anno Zero. Non prima. E infatti – dopo aver raccolto lo sfogo telefonico di Innocenzi sulle lamentele di Berlusconi – un giorno, il dg della Rai Mauro   Masi, è costretto ad ammettere: certe pressioni non si ascoltano neanche nello Zimbawe. 


Il parossismo, però, si raggiunge a fine anno. Quando San-toro manda in   onda due puntate che faranno audience da record e toccano da vicino il premier. La prima: quella sul processo all'avvocato inglese Mills, all'epoca indagato per corruzione, reato oggi   prescritto. La seconda: quella sulla trattativa tra Stato e Cosa Nostra, dove Santoro si soffermerà sulle deposizioni di Spatuzza, in merito ai rapporti tra la mafia e la nascita   di Forza Italia. Non si devono fare, in tv, i processi che si svolgono nelle aule dei tribunali, tuona Berlusconi con il solito Innocenzi. Secondo il premier – si sfoga Innocenzi con Masi – si potrebbe dire a San-toro che non può parlare del processo Mills in tv. Non è così che funziona, ribadice Masi. Non funziona così neanche nello Zimbabwe. Comunque Masi non risparmia le diffide. Per il presidente della Rai non mancano le occasioni di minacciare la sospensione di San-toro e della sua trasmissione. A ridosso della trasmissione su Spatuzza, al telefono di Innocenzi, si presenta anche Marcello Dell'Utri. Tutt'altra musica, invece, quando il premier parla con Minzolini, che Berlusconi chiama direttorissimo.   Sulle vicende palermitane, Minzolini fa sapere di essere pronto a intervenire, se altri dovessero giocare brutti scherzi. E il giorno dopo, puntuale, arriva il suo editoriale sul Tg1: Spatuzza dice “balle”. Tutte queste telefonate, confluite ora in un autonomo fascicolo, rispetto a quello di partenza, dovranno essere valutate sotto il profilo giudizario. Se esistono dei reati, dovranno essere   vagliati, e se costituiscono delle prove, avranno un peso nel procedimento. È tutto da vedersi e da verificare, ovviamente, ma è un fatto che queste telefonate sono “prove” di regime. Dimostrano la impercettibile differenza tra i ruoli del controllato e del controllore, del pubblico e del privato. Le parole di Berlusconi che, mentre è capo del Governo e capo di Mediaset, parla da capo anche a chi non dovrebbe, Giancarlo   Innocenzi, dimostrano che viene meno la separazione tra i due poteri.


Altrettanto si può dire delle parole deferenti di Innocenzi che anziché declinare gli inviti esibisce telefonicamente la propria obbedienza e rassicura Berlusconi: presto sarà aperto lo scontro con Santoro. Dietro le affermazioni sembra delinearsi un piano. È soltanto un'impressione. Ma il premier sostiene che queste trasmissioni debbano essere chiuse, sì, su stimolo dell'Agcom, ma su azione della Rai. Tre mesi dopo questi dialoghi, assistiamo alla sospensione di Annozero, Ballarò, Porta a porta e Ultima parola proprio per mano della par condicio Rai, nell'intero ultimo mese di campagna elettorale. E quindi: la notizia di cronaca giudiziaria è che Berlusconi, Innocenzi e Minzolini, sono coinvolti in un'indagine. La notizia più interessante, però, è un'altra: il “regime” è stato trascritto. In migliaia di pagine. Trasuda dai brogliacci delle intercettazioni telefoniche. Parla le parole del “presidente”. Il territorio di conquista è la Rai: il conflitto d'interesse del premier Silvio Berlusconi – grazie a questi atti d'indagine - è oggi un fatto “provato”. Non è più discutibile.


Ginsborg: folle l'impeachment del Colle
Maria Cristina Carratu, la Repubblica, 12-03-2010
ONIDA: incostituzionale il legittimo impedimento// «Matteo Renzi non sottovaluti il contenuto eversivo del governo Berlusconi, la democrazia in Italia corre un serio pericolo». Paul Ginsborg, storico, leader della prima ora di movimenti e girotondi, ne è convinto: le recenti bordate del sindaco di Firenze contro la manifestazione di domani (temere un golpe, ha detto, «fa ridere i polli», «io sono stanco di abbaiare, vorrei cominciare a vincere»), «sono un errore».
Con Di Pietro che chiede l´impeachment di Napolitano il centro sinistra, avverte Renzi, rischia l´effetto boomerang.
«Bisogna ripeterlo: o il centro sinistra sta unito, e Bersani e Di Pietro stringono un´alleanza di ferro contro il grave pericolo che corre il paese, o Berlusconi non sarà mai sconfitto. La richiesta di impeachment è follia, ma spesso la chiarezza di Di Pietro è stata utilissima su questioni su cui il Pd è stato latitante».
Per il sindaco i pasticci del Pdl dovrebbero offrire l´occasione per far valere una proposta politica, non per scendere in piazza.
«Perché si dia un golpe non servono per forza violenze e manganelli. Oggi la vera emergenza democratica si gioca su due fronti: quello istituzionale, certo, rispetto a cui la piazza, luogo storico della società civile, riveste un ruolo cruciale. È già accaduto che l´indignazione della gente abbia imposto la correzione di indirizzi pericolosi. E però, il fronte più decisivo è quello culturale».
In che senso?
«Dopo tanti anni di controllo berlusconiano delle tv commerciali e nazionali, e della più grande casa editrice italiana, si è formata una cultura fortemente caratterizzata dal self-interest e dalla passività, ovvero da una sostanziale indifferenza per la politica. Il vero golpe sta in questo».
E una protesta di piazza rimedierà ad un´analisi mancata?
«In politica, diceva John Stuart Mill, è un problema quando i cittadini sono "un gregge di pecore che brucano quiete fianco a fianco". Appunto: fra un branco di pecore e dei cani che abbaiano ai ladri della democrazia, scelgo senz´altro i cani».
Sembra tornare l´antica questione del rapporto fra cultura di piazza e di governo, che segna tutta la storia della sinistra.
«Sì, ma come battere il berlusconismo se non si capisce cos´è? Suggerirei a Renzi di leggersi Berlusconi passato alla storia. L´Italia nell´era della democrazia autoritaria, di Antonio Gibelli. E poi di dirmi se ha ancora il coraggio di definire i berlusconiani solo dei cialtroni».

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