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sabato 1 luglio 2006

Liberi e belli


Sono davvero così importanti le liberalizzazioni?
(tratto da lavoce.info)


27-06-2006
Aspettando (ancora) la liberalizzazione 
Carlo Scarpa

Forse riparte il processo di liberalizzazione dei mercati energetici – e le imprese italiane sanno quanto ce ne sarebbe bisogno. Il prezzo dell’elettricità in Italia resta ai vertici europei, mentre nel gas abbiamo attraversato un inverno a rischio grazie al monopolista nazionale che blocca lo sviluppo delle infrastrutture. Il paese non può permettersi una situazione del genere.
Il disegno di legge del ministro Pierluigi Bersani (già autore nel 1999 di una riforma del mercato elettrico importante quanto incompiuta) per altro dà solo indicazioni generiche e sembra quasi una delega in bianco all’interno di linee condivisibili quanto ancora da chiarire. Cosa servirebbe al paese?
Emergenza gas
La primaria emergenza è nel settore del gas, e non solo per le difficoltà di approvvigionamento, ma anche perché bruciare gas è a tutt’oggi il principale modo di generare energia elettrica. Poca concorrenza sul mercato del gas significa poca concorrenza anche sul mercato elettrico, ovvero costi elevati per le imprese.
Ma la concorrenza è un mezzo, non un fine in sé. E un mezzo che sarebbe funzionale non solo ad abbassare i prezzi, ma anche ad aumentare la sicurezza del paese. È per questa ragione che la liberalizzazione del settore sarebbe una eccellente notizia per tutti. Ma questo richiede interventi coraggiosi, che non sarà facile condurre in porto.
Ad esempio, una delle principali ragioni della carenza di offerta di gas in Italia è la posizione di Snam Rete Gas, impresa del gruppo Eni, proprietario e gestore della rete che
- decide la "dimensione" dei gasdotti in entrata in Italia, ovvero decide quanto gas si può importare;
- decide se il gas di altri operatori (diversi da Eni) può passare attraverso la rete (per sottrarre clienti a Eni).
È facile vedere come sicurezza degli approvvigionamenti e concorrenza (ovvero, possibilità di avere prezzi bassi) vadano a braccetto. Da un lato, aumentare la capacità di importare gas significherebbe aumentare la sicurezza del paese, ma anche aumentare la concorrenza nel settore (i tetti antitrust esistenti sono tali, che il nuovo gas non potrebbe essere "di Eni").
Dall’altro, se un’impresa vuole costruire impianti di "rigassificazione", che consentirebbero di aumentare le importazioni di metano in forma liquida, evidentemente chiede la garanzia di poterlo proporre ai suoi clienti: ma senza l’assenso di chi gestisce la rete, questo non è possibile.
In questi anni, le richieste di potenziamento delle importazioni sono state sistematicamente eluse da Eni con vari pretesti. Allo stesso modo, diversi progetti di costruzione di rigassificatori sono in Italia bloccati (anche) per questa ragione: se la rete è controllata dall’unico soggetto che sarebbe danneggiato da questi impianti, capite bene quale sia il suo interesse.
Ma allora abbiamo un’impresa a cui è stato dato un ruolo centrale nel sistema energetico del paese e che su questo fronte (non su tutti, per carità) opera contro il paese. E il fatto che questa impresa sia controllata dal Tesoro comporta, oltre al danno, la beffa. Il potere dei manager (unito alle ragioni di cassa del Tesoro, a cui i profitti di Eni hanno sempre fatto comodo) fa sì che un pezzo del settore pubblico agisca contro gli interessi del paese.
Un primo rimedio potrebbe essere la sostituzione dei manager e amministratori dell’impresa, ma molto più efficace sarebbe di imporre a Eni di cedere la rete: non una riduzione della quota di Eni, ma il suo azzeramento. Solo la totale indipendenza della rete può dare garanzie a riguardo.
Lo stato dell’elettricità
Il caso del settore elettrico è un po’ diverso, quanto meno perché tra pochi anni (ma comunque non domani) l’entrata in funzione di diverse centrali di generazione già in costruzione dovrebbe aumentare sostanzialmente l’offerta e (si spera) ridurre i prezzi. Ma i prezzi sono e resteranno elevati ancora per parecchio.
Una delle ragioni è la presenza di congestioni nella rete. In altri termini, lungi dall’avere un unico mercato nazionale ben integrato, al cui interno l’energia prodotta al Nord può liberamente arrivare al Sud, oggi abbiamo delle strozzature che limitano la quantità di energia che può passare. Il risultato è che in certe zone del Sud la domanda è superiore all’offerta e i prezzi restano più elevati del necessario; mentre al Nord alcune centrali non producono quanto potrebbero perché la rete non è capace di far arrivare ai clienti finali tutta l’energia prodotta. E questo, si noti, si scarica sul prezzo medio dell’energia elettrica di tutto il paese (Nord incluso).
Per rimediare, occorrerebbe sviluppare meglio la rete di trasmissione, potenziando i collegamenti. Peccato che da un anno a questa parte – per una sciagurata controriforma del passato Governo – la rete di trasmissione elettrica sia tornata sotto il controllo di Enel. Questa impresa farà gli investimenti che sarebbero necessari per abbassare i prezzi dell’energia elettrica (ovvero per ridurre le rendite di posizione di Enel e degli altri generatori)? Qualcuno è disposto a scommettere?
Anche qui, la separazione tra chi gestisce la rete e chi la usa per vendere (i generatori) sarebbe essenziale. Non affiderei mai lo sviluppo di una infrastruttura all’unico soggetto che potrebbe esserne danneggiato.
Questi provvedimenti si scontrano contro un’ovvia obiezione. Le reti sono proprietà delle imprese (Eni ed Enel), le quali sono per circa il 70 per cento nelle mani di investitori privati. Per altro, le reti hanno un valore, hanno un rendimento praticamente certo perché determinato dal regolatore, ed esistono investitori pronti ad acquistarle a valori di mercato. Non mi sembra che la vendita sarebbe un dramma.
Anche se sarebbe sempre meglio evitare interventi strutturali su imprese private, questo è vero. Ma sarebbe anche meglio se queste imprese private non avessero sfruttato la loro posizione per imporre al paese prezzi troppo elevati e difficoltà di approvvigionamento. Se la responsabilità delle imprese non ha saputo temperarne i comportamenti, un intervento sulla loro struttura è l’unico rimedio.
Non sappiamo cosa intenderà fare il Governo sulla base della delega che si appresta a chiedere, ed effettivamente l’attuale sistema ha bisogno di molti correttivi. Ma senza questi interventi strutturali, il resto sarebbero pannicelli caldi.

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