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giovedì 22 marzo 2007

Ma che DICO?


PARLANDO DI "DICO"...
 URLO
Ho riflettuto a lungo, prima di pubblicare questo post.
Perché qui si rischia l’ideologia pura, la quale è terreno che mal si presta al confronto sereno.
Tuttavia (su questo saremo tutti d’accordo) è un fatto che l’argomento sia di stretta attualità.
E confesso che non capisco le argomentazioni di molti, sui DICO.
Tali argomentazioni fanno nascere in me non poche domande, che elenco qui, un po’ alla rinfusa, sperando che qualcuno mi illumini.
  1. "I DICO", dicono, " mettono a rischio la famiglia tradizionale".Neppure si sa bene ancora quali testi verranno votati in Parlamento. Quindi, mi pare di capire, siamo sui principi. Non su un testo di legge. Si sa solo che i DICO daranno dei diritti anche alle coppie di fatto; quali diritti esattamente, ancora non è dato sapere, salvo che saranno inferiori a quelli delle coppie sposate, a partire dal diritto alla genitorialità. Ergo, chi adopera questo argomento, che i DICO metterebbero a rischio la famiglia tradizionale, suggerisce che "a priori" il riconoscimento di "alcuni" diritti a chi finora non ne ha, metterebbe a repentaglio coloro i quali già li hanno. Mi chiedo perché. Se si concede a un extracomunitario di votare pagando le tasse, io pago più tasse e non voto? Se non glielo si concede, pago meno tasse o voto meglio?
  2. "I DICO" incoraggerebbero l’omosessualità".Questa poi è bellissima. Come se due gay o lesbiche, per amarsi e convivere, avessero bisogno del nostro permesso. Ragazzi: lo fanno lo stesso. E non è che uno è meno gay se non avendo certi diritti, per lui è più difficile convivere. Se è gay, se si sente gay, è gay ugualmente. Sbaglierò, ma dietro quest’assunto, c’è il vecchio retaggio per il quale essere gay o lesbiche sarebbe "una scelta" (come tale, giudicabile moralmente).
    A quel che ne so io, non è una scelta: è una scoperta. Una persona si accorge, a una certa età, di avere gusti differenti dalla media. Non c’entra un accidente con lo status di cittadino o la dichiarazione dei redditi: io sono etero, non è una colpa e non è un merito.
  3. L’assunto (b) implica che si consideri l’omosessualità un male, una malattia, una perversione, non una normalità differente dalla media. E implica anche che lo Stato se ne debba far carico con leggi appropriate, che la scoraggino. Attenzione, fratelli, perché dallo scoraggiare al reprimere al punire, il passo è breve assai.
  4. Faccio osservare che l’assunto (a) veniva ripetuto a josa ad ogni ora del giorno e della notte anche a proposito del divorzio e dell’aborto, negli anni ’70. Il risultato è che a distanza di decenni gli aborti sono diminuiti, i divorzi sono aumentati e ci si sposa meno. E’ una famiglia più malata? O era già in cattiva salute prima ma non lo si poteva dire? E la legge sull’aborto, visto che ha diminuito il fenomeno, ha distrutto o salvato delle vite?
(PS se qualcuno tra i nostri lettori ci trasmette dati storici o testi di legge di fonte sicura e super partes, gliene saremo grati;-))

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