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mercoledì 24 ottobre 2007

Un caso di coscienza


Su segnalazione dell'amico MattBeck, che ringrazio, leggiamo, su http://www.alternainsieme.net/elkassim.htm, la vicenda, da noi già segnalata in un post (http://www.splinder.com/myblog/edit/post/270056?edit[nid]=12840182) precedente, di

ABOU ELKASSIM BRITEL, CITTADINO ITALIANO
INNOCENTE

Come è noto, con extraordinary renditions (letteralmente “spedizioni straordinarie”) si designano i veri e propri rapimenti attuati dai servizi segreti statunitensi in nome della lotta al terrorismo e con la collaborazione illegale delle polizie di vari Paesi.
Una delle vittime di tali operazioni è Abou Elkassim Britel, originario del Marocco ma divenuto cittadino italiano, residente a Bergamo, ora detenuto in Marocco: si tratta, a tutt’oggi, dell’unico cittadino italiano coinvolto in una extraordinary rendition
Nel marzo del 2002, mentre si trova in Pakistan per ragioni di studio (per un progetto editoriale di traduzione di testi classici dell’islam), viene fermato dalla polizia.
I servizi segreti del Pakistan e degli Usa sono subito convinti di aver messo le mani su un terrorista e per questo lo sottopongono a interrogatori e torture. Di lui alcuni mass media in Italia (informati da chi?) dicono addirittura che è il referente di Al Qaeda in Italia.
Così anche la magistratura apre in Italia un'indagine, durata oltre 4 anni, conclusasi pochi mesi fa, con l'archiviazione per "totale insussitenza di elementi d'accusa che consentano di affermare che gli indagati abbiano partecipato ad un'organizzazione terroristica islamica".
Nel frattempo Elkassim Britel, che è cittadino italiano, è lasciato a se stesso dalle nostre autorità. Così dal Pakistan con un aereo della Cia viene tradotto segretamente in Marocco e rinchiuso in un carcere segreto noto per le condizioni disumane in cui sono tenuti i prigionieri.
Sarà rilasciato solo dopo nove mesi, nel 2003; è sconvolto, stremato, malato, ma, quando tenta di rientrare in Italia, sparisce di nuovo in un buco nero chiamato Témara, dal quale ricompare per essere giudicato e condannato a quindici anni di reclusione (ridotti a nove l’anno successivo), con un processo durato poco meno di mezz’ora.
Dove erano e che cosa hanno fatto le autorità italiane per assistere il nostro concittadino? Chi ha redatto i rapporti finiti sul tavolo delle magistratura italiana e risultati poi del tutto inconsistenti? Perché il ministro degli esteri Fini elogiava la cooperazione fra “i nostri srevizi, gli Usa e i servizi di alcuni Paesi arabi moderati", proprio mentre Ekassim era illegalmente detenuto in Marocco?
Elkassim Britel è ancora in prigione, in Marocco. Di lui si è occupata la specifica commissione istituita dal Parlamento Europeo per fare luce sulle extraodinary renditions; testate come Rainews24, “Diario”, “Carta” e vari quotidiani hanno fatto conoscere la sua storia; nel dicembre scorso, a seguito di una interpellanza parlamentare, il governo ha promesso di sostenere la domanda di grazia da presentare alle autorità marocchine.
Il 14 febbraio 2007 il Parlamento Europeo ha approvato a larga maggioranza la risoluzione (relatore il parlamentare europeo italiano Claudio Fava) che denuncia i 1.245 voli segreti della Cia, i rapimenti commessi sul suolo europeo, le torture a cui i rapiti sono stati sottoposti, con la complicità di diversi Paesi dell’Unione Europea, tra cui l’Italia.
Sempre nel febbraio scorso una delegazione parlamentare dell’Unione, con i parlamentari Roberto Poletti, Ezio Locatelli e Alì Rachid, è stata in Marocco: ha fatto visita ad Elkassim Britel nel carcere di Casablanca, ha ancontrato le massime autorità politiche di quel Paese e ha consegnato la richiesta di grazia per il Re del Marocco, sottoscritta da un centinaio fra senatori e deputati, per la liberazione di Elkassim Britel.
La grazia per Elkassim non è ancora arrivata. (27.06.07)
Leggiamo altresì le parole di sua moglie, che disperata scrive, su www.giustiziaperkassim.net:
Kassim è in sciopero della fame da mercoledì 17 ottobre
Nel carcere di Äin Bourjia è sospesa ogni attività, spento il forno, chiusa la cucina, i detenuti escono dalle celle solo per la preghiera in moschea. Lo sciopero è generalizzato.
Ancora una volta gli scioperanti chiedono un trattamento dignitoso, da sempre negato nel carcere di Salé.
Kassim stava lì fino ad anno fa, sa molto bene come ci si vive.
Nel marzo 2004, occhi bendati e manette ai polsi, vi subì un feroce pestaggio, accompagnato da ingiurie e dal taglio della barba con un coltello.
Non ho dimenticato la durezza di quel luogo e la coercizione esercitata anche su di noi parenti in visita.
Spero che mio marito resista, che il suo fisico già tanto provato non ceda, questo è il suo terzo sciopero della fame continuato              

Cosa sta succedendo nelle carceri marocchine?                                                  20 ottobre 2007

Dal 25 settembre è in atto la protesta degli 'islamistes' nel carcere di Salé.
Il motivo sono le gravi e ripetute violazioni dei diritti umani, inutilmente denunciate negli anni.
Un alto numero di detenuti è stato trasferito, senza comunicazione alle famiglie, alcuni verso destinazione sconosciuta, mentre all'interno della prigione si moltiplicano atti di intimidazione e violenza sui prigionieri.
In tutte le carceri del Marocco gli islamistes avevano già attuato alcune iniziative in solidarietà con i detenuti di Salé, ora lo sciopero della fame a sostegno della richiesta di porre fine alle pratiche inumane, degradanti ed umilianti.
I detenuti sono esasperati anche dall'assenza di qualunque interessamento alla loro sorte e a quella delle loro famiglie. Una visita di membri del CCDH (Conseil consultatif des droits de l'homme) al carcere di Salé ed il successivo impegno del Ministero della Giustizia per un 'inchiesta non hanno prodotto finora alcun risultato. Si sono già verificati ricoveri in ospedale.

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