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venerdì 2 novembre 2007

Intervista a una donna omosentimentale

firmadati



ACRYLIC E IL  SUO  VISSUTO

Io non ho SCELTO di essere etero. Io sono così. E' una colpa? E' un merito? Né l'una, né l'altro, direi. Se è per questo sono anche sterile, e nell'800 sarei stato additato per questo come anormale e magari vizioso, chi lo sa (come se la fertilità avesse a che vedere con la libido)?
Sulla base di questa riflessione, ho rivolto alcune domande a una mia web-amica omosessuale, Acrylic.
Ne è nata l’intervista che segue.

D.: Acrylic, anzitutto grazie per aver accettato di rispondere alle mie domande. Se te la senti, possiamo cominciare da una presentazione personale.

R.: Sono una persona di 30 anni, una donna, nata in una famiglia cattolica; i miei genitori erano pazzi d’amore e dal loro matrimonio sono nata io, prima di tre sorelle. Potrei dire che lavoro in uno studio di avvocati, che ho una passione viscerale per la musica, la filosofia ed il diritto e che sono ancora una “bambocciona”, ma credo che la prima parte mi rappresenti di più.

D.: Che tipo di educazione hai ricevuto?

R.: I miei genitori, cattolici forse sui generis, ci hanno insegnato poche cose: amare- amarsi, aiutare, essere oneste e non tradire mai sé stesse. Hanno avuto la forza di non indicarci il chi, il come ed il perché, di lasciarci estremamente libere nella forma e di cercare di capire anche quando la strada che abbiamo preso non l’hanno condivisa.
Questo mi ha aiutata a vivere con naturalezza ed equilibrio l’orientamento omosessuale che ho scoperto d’avere durante l’adolescenza.

D.: Ecco, questo è un punto centrale, direi: come hai scoperto il tuo orientamento?

R.: Per la verità, se vado indietro con la memoria direi che l’omosentimentalità, termine che preferisco ad omosessualità, è sempre stata parte di me…sin da piccolina, anche se poi credo di aver avuto un’adolescenza come tante mie coetanee, fatte di dubbi, esperimenti sentimentali, flirt ed una storia ufficiale con un ragazzo per ben sette anni.
Mi sono dovuta arrendere al mio orientamento sentimentale quando, agli sgoccioli ormai del mio fidanzamento, incontrai l’amore per la prima volta nella mia vita.
Avevo 24 anni, e lei era una donna. A distanza di tempo non riesco ancora a descrivere quello che successe, ricordo solo che una mia amica sorrise e disse semplicemente “ti sei finalmente innamorata”. Ed era così, scoprii di non essermi mai innamorata prima…ed è per questo che amo il termine omosentimentalità, perché la discriminante, quello che mi ha fatto capire quale fosse la mia strada ed il mio orientamento non è stata un’attrazione o un desiderio sessuale tout court, ma l’amore.

D.: E il desiderio fisico?

R.: Il desiderio sessuale è qualcosa che è venuto dopo…prima c’è stato lo stupore, la meraviglia, le notti insonni, il mal di stomaco, la necessità di cercare con gli occhi ovunque quella donna, di fare chilometri per incontrarla “casualmente” ed improvvisare un “ciao” goffo e sconclusionato. Prima di un bacio c’è stata una rivoluzione interiore, e quello che con più tenerezza serbo nell’animo fu quella sensazione di lotta e di pace, il desiderio di ammirare l’oggetto misterioso del mio desiderio per ore ed ore, anche in silenzio, come fosse un quadro di Magritte.
Quello che mi sembrò, a 24 anni, estremamente fluido e naturale fu invece frutto di una battaglia interiore durata quasi dieci anni. Prima di sentirmi libera di essere quella che sentivo d’essere ho conosciuto la chiusura, la depressione forte, l’autolesionismo, la voglia di morire… E questo mi è accaduto nonostante l’amore della famiglia, un amore incondizionato e sincero, e nonostante nella mia stessa famiglia non ci fossero discriminazioni, anche perché abbiamo conosciuto e frequentato gay senza che questo si traducesse in battutine offensive o finto-machiste.

D.: Quindi anche in una famiglia così aperta alla diversità, è stato difficile accettarsi?

R.: Mi sono chiesta sempre il perché, il motivo della mia disperazione, della mia lotta così strenua e convinta contro quel pensiero quando solo affiorava, il perché di tutto quel dolore che non è il mio dolore ma è il buio che conosce probabilmente la maggior parte delle persone omosessuali, e che spinge verso forme più o meno esplicite di autodistruzione. La risposta che al momento mi sono data è che per quanto possiamo essere amate-i a prescindere dalla scelta del nostro oggetto del desiderio, e per quanto possiamo avere intorno persone non-discriminanti, la costruzione della propria identità, soprattutto se non rientrante nella norma (numerica) è un percorso difficile e sofferto. E’ la sofferenza che conosce chi non rientra in una norma accettata, appunto, sia gay, lesbica, nero-a, grasso-a o altro.. sapere di stare per costruire la propria persona anche intorno ad un fulcro disprezzato da molti, è un’esperienza che per essere compresa nella sua difficoltosa complessità dovrebbe essere vissuta.

D.: Quindi è stata più la società che la tua famiglia a renderti difficile darti una identità nella quale star bene?
R.: Un’aggravante di tipo culturale, che si va ad aggiungere a quanto già detto, c’è, ed è quel senso strisciante di peccato morale che colpisce silenziosamente, qualcosa che è parte integrante della nostra educazione, una sorta di patto tacito. Col tempo mi sono resa conto che anche se i miei genitori non hanno mai condannato esplicitamente l’omosessualità, il fatto stesso di presentare l’eterosessualità come l’unica via percorribile, di censurare con imbarazzati silenzi le domande che una persona pone, o l’indirizzare un bambino ed una bambina verso giochi più consoni se mostra preferenze differenti, inculcando sin da piccoli l’idea di un ruolo sociale e sessuale ben preciso e correggendo tendenze ritenute pericolose… Tutto ciò, di fatto, rende intriso quel bambino-a di un’idea che faticherà a scrollarsi di dosso durante la propria esistenza: l’idea che l’eterosessualità sia l’unico modo di amare, ed il resto sia qualcosa di sbagliato, da evitare, da correggere assolutamente. Questa convinzione profonda genera quella che la Yourcenar in un suo romanzo giovanile chiama la “lotta vana”; vana ma disperatissima e spesso distruttiva.

D.: Ti sarai senz’altro chiesta mille volte “perché mi piacciono le donne?” Io per parte mia, come etero, confesso di averci pensato pochissimo, essendo la mia identità socialmente accettata. Tuttavia, come dicevo presentando la tua intervista, la risposta che mi sento di darmi è “perché sono nato così”. Tu, che risposta ti dai?
R.: Per quanto riguarda le origini dell’omosessualità il dibattito è antico ed ancora parzialmente aperto. Al momento è consolidata scientificamente l’idea che omosessuali non si nasca. Non c’è nulla che distingua una persona eterosessuale da una omosessuale, nulla di biologico o di chimico, si ipotizza che siano determinanti fattori psicologici (non patologici, s’intende), educazione, ambiente, cultura, concause varie che si vanno ad innestare su una persona e che possono portare ad un naturale sviluppo omo-sessuale. Tra l’altro questa consapevolezza, radicata negli ambienti omosessuali, ha generato una reazione negativa alla campagna della regione toscana, raffigurante un bambino con un braccialetto recante la scritta “omosessuale”. Dire che “gay si nasce” rimanda ad una concezione desueta e vagamente “malata”.
E’ la “attenuante” che generalmente le persone, in una maniera a volte pietistica, concedono agli omosessuali.. “C’è nato, poveretto, cosa può farci?”.
Hai ragione quando ti domandi e mi domandi quale merito o demerito ci sia nell’innamorarsi di un uomo invece che di una donna, e viceversa, e la mia risposta è: nessuno; ma personalmente vado oltre e chiedo: abbiamo bisogno di sapere che una persona non ha altre possibilità, che l’omosessualità non sia anche una libera scelta per sopportare l’idea di una futura e probabile integrazione? Faccio un esempio, ci sono alcune persone che, pur se non “nate” gay o lesbiche, a seguito di esperienze personali si determinano in maniera omosessuale, in questo caso si dice che non sia una omosessualità “primaria”, però il dato di fatto è che queste persone, per vari motivi, riescono a vivere e ad esprimersi maggiormente con una persona del proprio sesso, trovano un equilibrio in questo senso e non sentono che questa scelta sia un problema, anzi, la vivono come una soluzione, il punto è: se un adulto si autodetermina e non reca danni ad alcuno, né commette reato, perché non si dovrebbe accettare questo tipo di scelta? Potrei fare l’esempio contrario..ci sono molti omosessuali che non riescono, per vari motivi, a vivere e a sentire positivamente la propria omosessualità, e trovano pace ed equilibrio con una persona del sesso opposto, senza che questa scelta sia vissuta in maniera tormentata o infelice…voglio arrivare a dire che il metro di misura, il punto da non perdere di vista dovrebbe essere sempre l’equilibrio o la felicità di una persona, la possibilità di determinarsi in un senso o in un altro, cercando di vivere sé stessi nella maniera più serena possibile.
La realtà, materiale e sentimentale, è molto più ricca e misteriosa di quanto non si possa pensare, l’unica cosa che potrebbe immunizzarci da stereotipi o pregiudizi non veritieri è l’immergersi fra la gente e nelle storie…solo cominciando ad immergermi nella realtà ho sciolto ogni riserva su me stessa.

D.: Un’ultima riflessione, Acrylic: cosa fa sì secondo te che in certe società e in certe epoche storiche l’omosessualità sia stata più accettata che in altre?
R.: L’omosessualità, storicamente, è stata maggiormente accettata in tempi di abbondanza e pace e demonizzata in quelli di carestia e guerra. All’omosessualità si lega la paura radicata di estinzione della specie, infertilità, morte, fine... Bisognerebbe cominciare seriamente a discutere su una tendenza adottata da molte persone in una percentuale, tutto sommato costante...Infatti è in crescita in relazione alla crescita della popolazione mondiale; si dovrebbe cominciare a fornire un’informazione costante ed imparziale circa questo tipo di orientamento, per tentare di abbassare il livello di ignoranza a riguardo (scandaloso che ancora si associ il gay al pedofilo, quando questo tipo di malattia colpisce maggiormente gli etero)e per far sentire meno isolate le persone che intendono vivere la propria vita sessuale liberamente.
Grazie di cuore, Acrylic, anche a nome di tutti i nostri lettori.

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