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martedì 20 dicembre 2011

Ancora sull'articolo 18


QUANDO LICENZIARE E' LECITO?
Le proposte di Pietro Ichino



Per ragioni professionali, ne mastico, quindi vorrei fare un po' di chiarezza. 
La legge 300/1970 (il famoso “Statuto dei Lavoratori”) prevede, all’articolo 18, che il licenziamento di un lavoratore sia legittimo in presenza di “giusta causa” o “giustificato motivo”.
Cosa significa?
E’ “giusta causa” se il comportamento del lavoratore è stato tale da incrinare irrimediabilmente la fiducia che l’azienda riponeva in lui. In proposito esiste una giurisprudenza molto articolata e ormai consolidata, che fa ricomprendere tra questi comportamenti la presenza di gravi violazioni del contratto di lavoro o degli obblighi previsti dal Codice Civile (come nel caso dell’insubordinazione). Insomma, è legittimo che l’azienda ti licenzi se può dimostrare che proprio l’hai fatta grossa (per esempio hai messo le mani addosso a un collega, un cliente o un superiore, o ti sei rifiutato di fare il tuo lavoro).

Il caso del “giustificato motivo” è differente, e si divide in “giustificato motivo soggettivo” (cioè che dipende ancora dal comportamento del lavoratore) od “oggettivo” (determinato cioè da situazioni di fatto che non hanno a che vedere con il suo comportamento).
Il giustificato motivo soggettivo si ha quando, pur non in presenza delle gravi violazioni cui abbiamo fatto cenno riguardo alla giusta causa, sussistono comunque rilevanti inadempimenti, come nel caso dello scarso rendimento: vale a dire che devi esserti comportato “abbastanza male”.
Quanto “abbastanza”? Anche questo aspetto è minuziosamente descritto, ma nel contratto di lavoro e non nell’art. 18 – ad esempio è stabilito quante volte il lavoratore deve aver reiterato la violazione dei propri obblighi perché la sanzione estrema del licenziamento sia legittima.

Il giustificato motivo oggettivo invece si configura nel caso in cui, ad esempio per una situazione di crisi, il datore di lavoro non abbia più lavoro da dare a quel lavoratore. In questa malaugurata eventualità, egli deve dimostrare che il lavoratore non può essere reimpiegato in altre mansioni equivalenti, e non può assumere nessun altro al suo posto per almeno sei mesi (almeno questa era la giurisprudenza sino a pochi anni fa, a quanto ne so, ma non può essere cambiata di molto).

Le sanzioni previste per il datore di lavoro che abbia licenziato illegittimamente qualcuno sono il reintegro del lavoratore nel posto di lavoro (o un congruo risarcimento stabilito dal giudice), se l’azienda ha almeno 15 dipendenti, o il solo risarcimento se i dipendenti sono meno di 15.

Come si vede, non è vero che con l’attuale normativa non si possa licenziare. Ciò che rende difficile farlo è soprattutto il fatto che l’onere della prova sia a carico del datore di lavoro, il che ha consentito, specie negli anni dal ’70 al 2000 all’incirca, che i giudici del lavoro fossero non di rado eccessivamente garantisti verso il lavoratore.
Detto ciò, Ichino propone semplicemente di non prevedere il reintegro nel caso di giustificato motivo oggettivo, bensì un congruo risarcimento. Ma propone anche di estendere l’efficacia dell’articolo 18 a tutti i lavoratori, compresi i “parasubordinati” (cioè al popolo delle partite IVA, e ai Collaboratori a Progetto).

A voi sembra scandalosa come proposta?
A me no.
C’è una bella differenza tra ciò che Ichino propone e l’abolizione dell’articolo 18 pura e semplice.

2 commenti:

  1. Stavolta sono io ad essere TO-TAL-MEN-TE d'accordo con te [a proposito, nella scuola gelminiana, si sa ancora sillabare?]. A differenza delle teorie che rivendeva Sacconi, che erano determinate solo da chiari intenti antisindacali, quella di Ichino è una proposta non "contro", ma "oltre": le grandi fabbriche del Nord anni '70 non ci sono più, e se è vero che la norma giuridica deve recepire la realtà, e non sostituirsi ad essa, occorre che il legislatore ne prenda atto, in qualche modo. E tu fai chiarezza in modo esemplare su una questione che i grandi media raccontano in maniera, nella sostanza, assai diversa dal vero (vedi Corriere" di oggi)

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  2. Grazie Masso. Non ho visto il Corriere, cosa diceva? C'è un link?

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