COSA VUOL DIRE "SFIGATO"
Sembra un piccolo dettaglio, ma a me non pare piccolo.
Sento sempre più spesso, in bocca agli adolescenti, l’espressione
“sfigato”. Niente di strano in sé, anche noi alla loro età usavamo questo
vocabolo un po’ scurrile, sia pur con minore frequenza.
Il fatto è che oggi i ragazzi ne fanno un uso improprio.
Il termine deriva dal volgare “sfiga”, che sta per “sfortuna”:
quindi “sfigato” significa “sfortunato", e in tale accezione lo si è sempre
inteso almeno sino ad alcuni anni fa, infatti lo si diceva non di rado in tono
compassionevole nei confronti di chi veniva definito tale.
Oggi no: il più delle volte viene pronunciato con
disprezzo., e se si sta attenti al contesto delle frasi in cui il termine viene
inserito, ci si accorge che nel gergo dei ragazzi d’oggi non significa più “sfortunato”,
bensì “perdente”.
A parte che l'essere perdenti, in sé, non dovrebbe costituire ragione di disprezzo, visto che a tutti può capitare di perdere, anche senza demerito, qualche altra considerazione s'impone.
A me la cosa fa semplicemente rabbrividire, perché
sottintende tutto un sistema di (dis)valori imperante. Sei povero? Allora sei
sfigato, quindi perdente, non meriti la nostra compassione perché in qualche
modo il tuo destino te lo sei meritato. Lo stesso vale per chi è grasso, maldestro,
timido, disoccupato, eccetera.
La prima conseguenza è che la società non riconosce più il dovere di sostenere i bisognosi: la situazione di bisogno si tramuta in un verdetto senza appello. Il vecchio adagio "poveri ma onesti" non costituisce più motivo di orgoglio, ma di emarginazione.
La prima conseguenza è che la società non riconosce più il dovere di sostenere i bisognosi: la situazione di bisogno si tramuta in un verdetto senza appello. Il vecchio adagio "poveri ma onesti" non costituisce più motivo di orgoglio, ma di emarginazione.
Corollario: non è “sfigato” chi ha successo (non
importa come).
Ci sarà da lavorare con questi ragazzi, dopo la fine del
berlusconismo e l’auspicabile tramonto del neoliberismo e della telecrazia.
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