Visualizzazioni totali

lunedì 19 dicembre 2011

Articolo 18


COSA HA DAVVERO PROPOSTO

PIETRO ICHINO


Su Ichino, in questi anni, ne ho sentite tante. A destra, apprezzato con riserva. A sinistra, approvato con riserva. Il punto è l’articolo 18.
La mia opinione è che l’art. 18 sia un falso scopo, a destra, per finire di demolire le garanzie sindacali, e che non è vero che lasciando libertà totale di licenziamento si diminuirebbe la disoccupazione (le aziende assumono solo se hanno più lavoro che manodopera, questa è l’unica precondizione).
Sono andato a curiosare e ho scoperto che Ichino, economista di sinistra, ha un sito in cui espone abbastanza chiaramente le sue proposte: http://www.pietroichino.it
Ne riporto qui quelle che riguardano il lavoro.
Seguiranno commenti.

"Propongo di promuovere una grande intesa tra lavoratori e imprenditori, nella quale questi ultimi rinunciano al lavoro precario in cambio di un contratto di lavoro a tempo indeterminato reso più flessibile con l’applicazione di una tecnica di protezione della stabilità diversa da quella attuale per i licenziamenti dettati da motivo economico-organizzativo.
     La cosa può funzionare così:
- d’ora in poi tutti i nuovi rapporti di lavoro, esclusi soltanto quelli stagionali o puramente occasionali, si costituiscono con un contratto a tempo indeterminato, che si apre con un periodo di prova di sei mesi;
- la contribuzione previdenziale viene rideterminata in misura uguale per tutti i nuovi rapporti, sulla base della media ponderata della contribuzione attuale di subordinati e parasubordinati; una fiscalizzazione del contributo nel primo anno per i giovani, le donne e gli anziani determina la riduzione del costo al livello di un rapporto di lavoro a progetto attuale; la semplificazione degli adempimenti riduce drasticamente i costi di transazione;
- dopo il periodo di prova, si applica la protezione prevista dall’articolo 18 dello Statuto per il licenziamento disciplinare e contro il licenziamento discriminatorio, per rappresaglia, o comunque per motivo illecito;
- in caso di licenziamento per motivi economici od organizzativi, invece, il lavoratore riceve dall’impresa un congruo indennizzo che cresce con l’anzianità di servizio;
- viene inoltre attivata un’assicurazione complementare contro la disoccupazione, che porta il trattamento complessivo a un livello paragonabile a quelli scandinavi: durata pari al rapporto intercorso con limite massimo  di tre anni, con copertura iniziale del 90% dell’ultima retribuzione, decrescente nei due anni successivi fino al 70%), condizionata alla disponibilità effettiva del lavoratore per le attività mirate alla riqualificazione professionale e alla rioccupazione;
- l’assicurazione e i servizi collegati, affidati ad agenzie scelte dalle imprese o ad enti bilaterali costituiti di comune accordo con i sindacati, sono finanziati interamente a carico delle imprese stesse (con un contributo il cui costo medio è stimato intorno allo 0,5% del monte salari): più rapida è la ricollocazione del lavoratore licenziato, più basso è il costo del sostegno del reddito per l’impresa: donde un forte incentivo economico all’efficienza dei servizi di outplacement;
- il compito del giudice è limitato a controllare, su eventuale denuncia del lavoratore, che il licenziamento non sia in realtà dettato da motivi illeciti (per esempio: licenziamento squilibrato a danno di persone disabili, donne, lavoratori sindacalizzati, ecc.); il “filtro” dei licenziamenti per motivo economico è costituito invece essenzialmente dal suo costo per l’impresa."

2 commenti:

  1. So che non esprimerò un parere da applausi a scena aperta, ma secondo me nel 2011/12 una sinistra moderna [o meglio, riformista] dovrebbe sostenere Ichino. Mi piace il principio che non devono essreci lavoratori di serie A,B o C.
    Cosa c'è di sbagliato in questo? Con un unico profilo di lavoratore, sicuramente salterebbero alcuni centri di potere, ma si raggiungerebbe una certa uniformità di diritti e tutele. Da noi ci sono i dipendenti pubblici protetti al 100%(almeno finchè il paese regge), ma assai malretribuiti, e che se buttati fuori vengono trattati come appestati; i lavoratori delle grosse aziende con certe tutele, ma comunque licenziabili; quelli che lavorano in microaziende, quelle dove l'art.18 non si applica, quindi ricattabili ed assai poco tutelati; e quelli che lavorano con contratti (finti) a progetto che hanno le mani legate, quindi non possono neppure ripararsi le pudenda.
    Una irrisolta questione del lavoro femminile, per cui una gravidanza è fonte automatica di licenziamento più o meno tutelato dallo Stato a favore dell'impresa, dopo che il governo B. ha ribaltato l'ottima legge del governo Prodi contro le cd. "dimissioni in bianco".

    RispondiElimina
  2. Masso, siamo TO-TAL-MEN-TE d'accordo. Esprimerò meglio e compiutamente la mia opinione al riguardo, ma penso anche io che l'assetto dello statuto dei lavoratori sia vecchio, anche per le ragioni che tu esponi.
    Certo, finché era B. a proporre l'abolizione, sic-et-simpliciter, dell'art. 18, i suoi obiettivi erano sin troppo facili da indovinare, e per questo mi opponevo. Su basi diverse, si può e se ne deve discutere.

    RispondiElimina