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lunedì 21 dicembre 2009

Ma D'Alema vuole svendere l'Italia a B.?


PROVE TECNICHE DI GOLPE



D

Denis Verdini non è uno qualsiasi, è uno degli artefici di Forza Italia; ama rimanere in disparte, e infatti è poco noto al grande pubblico, ma da sempre è nella stanza dei bottoni del centrodestra, e se certe cose le dice lui, c’è da credergli.
Sul “Giornale” del 18 dicembre, in un lungo articolo, elenca gli obiettivi attuali del centrodestra, le famose “riforme di cui il Paese ha bisogno” e sulle quali “ci si augura di trovare una convergenza con la sinistra”, ma non si può perché è “giustizialista” e finché “ci insulta” non è possibile il dialogo.
Quali sono questi obiettivi? Eccoli.

Si vorrebbe “operare per una semplificazione del quadro politico che porti al bipartitismo”, adeguare la costituzione formale a quella materiale, in senso presidenzialista; tale adeguamento dovrebbe tenere conto del fatto che il premier è l’unico “eletto dal popolo”, e quindi ha una legittimazione superiore al Presidente della Repubblica.

“Cambiare il sistema di elezione del CSM e della Corte Costituzionale; riformare la giustizia separando le carriere dei magistrati inquirenti da quelle dei giudicanti.”, aggiunge Scalari, dalle colonne de “La Repubblica” di ieri (e aggiunge giustamente, dato che son cose che gli esponenti del PdL hanno detto un sacco di volte).

Quali le possibili conseguenze? Con il bipartitismo, date le attuali condizioni, sparirebbero dal Parlamento l’UDC, IDV e la Lega, ma di fatto solo i primi due, perché la Lega non accetterà mai di essere assorbita nel PdL. Un ottimo affare per il cavaliere, che otterrebbe l’uccisione politica di Casini e Di Pietro, e un docile PD a fare da simulacro di opposizione potendo contare – nella più ottimistica delle ipotesi – su un bacino elettorale che faticherebbe a raggiungere il 40%. In altri termini, garanzia di potere a vita.

Con la riforma di CSM e Corte Costituzionale, otterrebbe di controllare, o almeno di disinnescare, il controllo dei poteri non elettivi sull’azione legislativa ed esecutiva: mani libere finalmente.

La riforma della giustizia, che secondo loro dovrebbe trasformare il PM in avvocato dell’accusa, avrebbe come conseguenza quella di sottrarre l’azione inquirente alla magistratura, consegnandola alle forze dell’ordine in via esclusiva: ma le forze dell’ordine dipendono dal Governo. 
I Carabinieri, dal Ministero della Difesa; la Polizia di Stato, dagli Interni; La Guardia di Finanza, dall’Economia. In parole povere, il governo deciderebbe quali tipologie criminali perseguire di volta in volta, senza controllo da parte di alcun potere “altro”. Per fare un esempio, potrebbe impedire che si indagasse su un politico amico, e potrebbe scatenare i segugi di stato alle calcagna degli oppositori politici. Vi lascio immaginare cosa accadrebbe, in questo scenario, se solo gli venisse il ticchio si montare un altro caso Mitrokin.

La giustificazione è la solita: è cioè che “il premier va messo in grado di governare tutelandolo dall’ordalia delle procure politicizzate, e che la volontà popolare va protetta insieme a lui.”
La mistificazioni sono almeno due:  con la maggioranza che ha, potrebbe benissimo governare, se solo si decidesse a farlo anziché costringere tutto il mondo politico a occuparsi dei suoi guai giudiziari; inoltre, la volontà popolare ha conferito a lui il mandato di governare, ma è una forzatura sostenere che il popolo è d’accordo nello sfascio del territorio e dei conti pubblici, nell’inazione di fronte alla crisi e alla disoccupazione, e via elencando.

Davanti a questi pericoli gravissimi per la democrazia in Italia, D’Alema che fa? Rilancia l’inciucio. Propone il dialogo. In cambio riceve continue promesse di venire candidato a poltrone di prestigio, e le riceve proprio dal centrodestra.

Dopo quindici anni ancora non è chiaro se D’Alema non ha capito che a trattare con un baro c’è solo da perdere, o se è baro egli stesso, ai danni del centrosinistra, dei suoi elettori, e dell’Italia medesima.

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